Uno dei punti di forza e che ha conferito il carattere di campus all’università della Calabria è la residenzialità, il cui emblema sono le famose maisonnettes, primo nucleo di alloggi per gli studenti. Grazie a questo principio, lungimirante, moderno, dei padri fondatori, è stato possibile a tanti ragazzi provenienti da famiglie poco abbienti iscriversi e laurearsi. Una sorta di rivoluzione culturale nella Calabria degli anni 70. E che l’ateneo di Arcavacata debba assicurare i servizi di alloggio, mensa, attività sportive e culturali è sancito nella sua costituzione. Ebbene oggi, questo principio viene fortemente messo in discussione dalla recente decisione del Consiglio di Amministrazione dell’Università di cedere ai privati la gestione dei servizi residenziali. Una decisione che ha immediatamente allertato e mobilitato studenti e sindacati che la considerano un attacco ai valori fondativi dell’ateneo. Alla base del no secco a tale ipotesi il fatto che la residenzialità e gli alloggi sono stati garantiti con risorse pubbliche, l’Unical è l’unico ateneo in italia a poterlo fare grazie alla peculiarità dell’essere campus. Privatizzare il servizio vendendo, o come sostengono molti, svendendo gli alloggi, partendo, tra l’altro dagli immobili più nuovi con ovvi vantaggi per i privati e lasciando invece quelli più obsoleti al centro residenziale, apre numerosi problemi. Innanzitutto, sul fronte delle garanzie per gli studenti, come cambierà la fruizione del servizio? E poi su quello della collocazione del personale addetto: verrà trasferito con gli immobili agli acquirenti oppure verrà parcheggiato negli uffici universitari infoltendo una schiera che è già abbastanza corposa e per fare cosa? Insomma, sono tante le cose che non convincono e una decisione del genere, cosi importante, secondo i sindacati non poteva essere assunta da un consiglio di amministrazione in regime di prorogatio, con una composizione non piena, otto componenti su 13, e poi perché tanta fretta? Dà l’impressione di un blitz. Da qui la richiesta di sbloccare la delibera e indire entro 10 giorni una assemblea di ateneo su questo e sulle criticità che stanno emergendo dall’applicazione della riforma Gelmini.