Abusi e ricatti infarciscono la trama torbida che affiora da una indagine appena avviata dalla Polizia delle Comunicazioni. Una inchiesta che è coordinata da due diversi uffici giudiziari. Il fascicolo più corposo è nelle mani del procuratore dei minori di Catanzaro, Beniamino Calabrese. Un altro è stato aperto dal capo dei pm di Cosenza, Dario Granieri. Le storie sono tutte drammaticamente identiche, il fenomeno è agghiacciante. Ci sono adolescenti finiti in cura dallo psicologo e padri di famiglia che hanno dovuto ricorrere a piccoli finanziamenti per tenere lo scandalo lontano dall’alveo familiare. Ma si teme che sullo sfondo di questa storia ai agiti una rete mondiale di pedofili che s’ingrassano con lo scambio dei video in rete. Il primo a denunciare il ricatto subito è stato un ragazzino di quattordici anni. S’è presentato un mesetto fa con suo padre davanti al sostituto commissario Tiziana Scarpelli della Polposta di Cosenza e in lacrime ha raccontato la sua vergogna. «Ho conosciuto quella ragazza in chat. Era bella, molto bella. Mi ha detto che aveva 18 anni e che non era italiana. Per un po’ abbiamo parlato, ci siamo detti tutto di noi. Io avevo preso una cotta per lei e quando quella sera mi ha detto di provare a fare sesso a distanza ho accettato, non avrei immaginato di mettermi nei casini...». È la sintesi di quello che in questi giorni almeno altre quindici vittime hanno riassunto nei loro esposti che sono diventati assist per gl’investigatori telematici del vicequestore Maria Giovanna Rizzo.
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