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Scoperto farmaco
contro lesioni stroke

ricercatori unical

Un farmaco efficace che agisce sul sistema immunitario contro le lesioni neurologiche irreversibili causate dallo “stroke”, cioè dall’occlusione acuta di un ramo terminale dell’arteria cerebrale media che porta a morte il tessuto nervoso nella regione circostante(core). E’ il risultato di una importante ricerca  nel Dipartimento Farmacobiologico dell’Università della Calabria, diretta dal prof. Giacinto Bagetta e  coordinata dalla dott.ssa Diana Amantea. Mai fino ad ora era stato proposto un trial clinico multicentrico randomizzato in doppio cieco per studiare l’efficacia di un farmaco che agisca sul sistema immunitario. Ciò è stato reso possibile grazie ai risultati, coperti da brevetto, di uno studio condotto nel corso dell’ultimo quinquennio dal gruppo di Farmacologia di Base e Traslazionale del Dipartimento Farmacobiologico dell’Università della Calabria. Lo studio ha preliminarmente chiarito, mediante una tecnica di gene – profiling, i tipi cellulari coinvolti nella risposta citotossica e citoprotettiva orchestrata dal sistema immunitario nel corso delle fasi più precoci estese fino alle 24 ore dall’evento occlusivo. Per il migliore sfruttamento dei dati sotto brevetto la dott.ssa Diana Amantea è a capo di uno spin off (SNAR&D, Service sto Neurotherapeutics Advancement, Research& Development) attivato presso l’incubatore tecnologico dell’Università della Calabria e che vede la collaborazione di ricercatori di base e clinici già attivi nella realizzazione del progetto clinico. Lo stroke - ha detto il prof. Bagetta - rappresenta la seconda causa di morte e la prima causa di invalidità a lungo termine nel mondo. L’incidenza media annua in Italia è di circa 220 casi per 100.000 abitanti; di questi, circa l’80% è rappresentato da ictus ischemici. Per l’ictus ischemico la mortalità a 4 settimane è del 20%, ma sale al 30% entro i 12 mesi dall’insulto. Solo il 25% dei pazienti sopravvissuti ad un ictus ischemico guarisce completamente, mentre gli altri conservano un deficit che nella metà dei casi è così severo da far perdere l’autosufficienza, costringendo spesso il paziente a dover vivere in una struttura attrezzata per degenti cronici.

 

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