Il pentito, la calunnia e il depistaggio. Un clamoroso depistaggio destinato a confondere le acque sulle modalità di esecuzione ed i responsabili dell’agguato costato la vita a Nicola Abbruzzese. La vittima, “ reggente” del clan dei nomadi sibariti, venne assassinata nel 2003 a pochi passi dalla caserma dei carabinieri di Cassano dove stava andando a firmare. L’uomo, era, infatti, un sorvegliato speciale. Il depistaggio sarebbe stato posto in essere da un collaboratore di giustizia castrovillarese, Gaetano Greco. Un personaggio molto discusso come i suoi ex sodali di malavita, Antonio Di Dieco e Cosimo Alfonso Scaglione, buttati fuori dal programma di protezione e finiti dietro le sbarre proprio per aver nascosto verità o compiuto reati. Greco confeziona sul delitto Abbruzzese una “confessione-patacca” ma viene irrimediabilmente smascherato dalla Dda di Catanzaro. La vicenda merita di essere compiutamente ricostruita. Dieci giorni dopo l’omicidio del boss dei nomadi, Greco riferisce alla magistratura distrettuale d’avere raccolto la confidenza di un imprenditore, un operatore economico che aveva appreso da un suo dipendente l’identità dei killer di Nicola Abbruzzese. E fa i nomi di Federico Faillace, Sergio Benedetto (entrambi caduti in due differenti agguati di 'ndrangheta). Il pentito rivela le generalità della “fonte” che indica in un piccolo imprenditore, con il quale mantiene da tempo rapporti di amicizia, che è impegnato a gestire un'officina a Cassano. La segnalazione di Greco innesca un’attività d’intelligence con intercettazioni ambientali nei confronti dell’imprenditore-artigiano indicato dal collaboratore di giustizia come depositario dei segreti riguardanti l’agguato costato la vita ad Abbruzzese. Le cimici intercettano colloqui che sembrano confermare le confidenze del pentito. Si tratta, però, di una ben orchestrata messinscena. Così i magistrati inquirenti decidono di sentire l’operatore economico che, inizialmente, mantiene un atteggiamento reticente sebbene confermi timidamente il ruolo nel delitto di Faillace. Solo quando viene interrogato dal pm antimafia Luberto l’uomo crolla, rivelando di essere stato minacciato da Greco che, per accreditarsi come collaboratore, lo ha costretto ad accusare falsamente Federico Faillace. Greco è adesso formalmente incriminato per calunnia. La sua carriera criminale, così come quella di collaboratore di giustizia, non è stata particolarmente fortunata. L’uomo alla fine degli anni '90 era legato al clan mafioso costituito a Castrovillari. Un clan poi decimato da arresti e pentimenti.
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