Il pm Salvatore Di Maio ha delineato il quadro dell’inchiesta sulla morte, avvenuta nel settembre del 2011 nel pronto soccorso dell’Annunziata, di Maria Immacolata Casella. Il sostituto procuratore ha, quindi, provveduto ad avvisare il collegio difensivo e i due medici, Antonio Sabatino e Donato Fornaro, della conclusione delle indagini preliminari e della formulazione dei relativi capi d’accusa. I due professionisti avranno, quindi, venti giorni di tempo per chiedere d’essere ascoltati o per presentare memorie difensive. A Sabatino e Fornaro il pm Di Maio contesta il reato di omicidio colposo, in quanto avrebbero, come scrive il magistrato, per «negligenza, imprudenza e imperizia» causato la morte della paziente. La donna, secondo gli accertamenti della Procura, sarebbe giunta al pronto soccorso dell’ospedale civile dell’Annunziata in shock emorragico. Pare che la circostanza fosse dovuta al sanguinamento delle vie alte digestive. La perdita di sangue –annota il magistrato nell’avviso di conclusione delle indagini preliminari –era originata da una lesione «esofagea ampia». E sarebbe stata quest’ultima, quindi, a provocare la morte della donna, in quanto entrambi i medici, secondo il pm Di Maio, l’avrebbero «sottovalutata». Una contingenza che riguarda da un lato il dottor Antonio Sabatino, che – scrive il pm – in sede di consulenza specialistica gastroenterologica non avrebbe approfondito le indagini diagnostiche. In particolare –viene contestato al professionista da parte della Procura – alla donna non sarebbe stata eseguita l’esofagogastroduodenoscopia. Circostanza – che a parere del magistrato – non avrebbe permesso di accertare, sotto il profilo diagnostico, la presenza di sangue. Ma non è tutto, in quanto a parere del pm il mancato accertamento non avrebbe consentito di appurare la sussistenza del rischio di «risanguinamento» e quindi avrebbe impedito di attuare, sotto il profilo terapeutico, tutte quelle operazioni capaci di arrestare la perdita di sangue. Il magistrato, inoltre, contesta al dottor Sabatino anche il fatto di non aver effettuato direttamente nè d’aver indicato al medico del pronto soccorso, nella fattispecie al suo collega Donato Fornaro, i controlli clinici necessari al monitoraggio – annota il pm Di Maio – dei parametri vitali e la quantificazione delle perdite di sangue attraverso il posizionamento del cosiddetto sondino naso-gastrico. Al medico del pronto soccorso, ovvero al dottor Donato Fornaro, il pm, invece, contesta di non aver attuato il completo monitoraggio dei parametri vitali. Fornaro, inoltre, a parere del magistrato non avrebbe posizionato il sondino naso-gastrico, elemento quest’ultimo che avrebbe consentito di evidenziare la perdita di sangue e, inoltre, di quantificarne il flusso. Alla donna, infine, non sarebbe stato posizionato neanche il catetere vescicale, necessario – secondo i consulenti del pm –alla rilevazione di parametri importanti. Al medico del pronto soccorso viene anche imputato di non aver richiesto la consulenza specialistica d’un chirurgo e soprattutto di non aver disposto il ricovero della donna.