Cosenza

Lunedì 29 Aprile 2024

Le scorie radioattive
e le bugie del pentito

relitto piroscafo

 La grande bugia. Il collaboratore di giustizia Francesco Fonti è morto per cause naturali nel dicembre scorso. Trafficante di droga tra la Calabria e il Settentrione è diventato famoso in Italia e all’estero quando, dopo essere uscito dal programma di protezione ed aver scontato un periodo di carcerazione, s’è inserito nella spinosa vicenda delle “navi a perdere”. In carcere, infatti, aveva appreso dal faccendiere Guido Garelli alcuni particolari sullo smaltimento dei rifiuti radioattivi e, con la speranza di essere riammesso al programma di protezione, ha tentato di accreditarsi come l’«affondatore» di tre imbarcazioni con le stive cariche di scorie nucleari. Le confessioni di Fonti hanno scatenato inchieste della magistratura e paure collettive. Il pentito, infatti, sosteneva d’aver mandato a picco una delle tre imbarcazioni al largo delle coste di Cetraro e, un’altra, davanti a Melito Porto Salvo. Prima i registri navali internazionali e, poi, le indagini coordinate dal procuratore di Catanzaro, Antonio Vincenzo Lombardo, hanno sonoramente smentito l’ex narcotrafficante. Al largo delle coste calabresi è stato sì trovato un relitto ma non quello indicato da Fonti. Si trattava, infatti, del piroscafo “Catania” affondato da un sommergibile tedesco durante la Prima guerra mondiale. Insomma, tanto rumore per nulla. La Commissione d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, dopo aver ascoltato negli anni scorsi Francesco Fonti, ha depositato in Parlamento la relazione stilata sul fenomeno dello smaltimento illegale dei rifiuti radioattivi. I parlamentari hanno lavorato con grande abnegazione evidenziando l’effettiva esistenza delle cosiddette “navi a perdere” anche se non è mai stato possibile recuperarne ed esaminarne una. I commissari si sono pure lungamente soffermati a tratteggiare la figura di Fonti. E il pentito non ne è uscito affatto bene. Il collaboratore viene bollato come «contraddittorio », «reticente» e sostenitore di «parziali verità». L’analisi fatta sulle dichiarazioni rilasciate dall’ex narcotrafficante è impietosa. «Durante le audizioni di fronte a questa Commissione – scrivono Gaetano Pecorella e Alessandro Bratti –Fonti si è sempre riservato di fornire indicazioni che poi non ha fornito ovvero di produrre documenti che poi non ha prodotto sostenendo che solo laddove fosse stato sottoposto a programma di protezione avrebbe potuto rendere una deposizione franca e globale. È opinione, quindi, della Commissione che le vicende attinenti al fenomeno delle navi a perdere debbano essere esaminate valorizzando non tanto le dichiarazioni di Fonti, quanto invece altri elementi di carattere giudiziario emersi nel corso dell’inchiesta della Commissione». Più chiaro di così...

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