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Quei nomi in codice
nascondevano “fratelli”

cordova e giorgianni

I fratelli coperti, i presunti legami coi clan e i condizionamenti del voto. Racconti di massoneria e inchieste giudiziarie ripercorsi ieri mattina in un’aula del tribunale cittadino dall’ex pm di Verona, Maria Grazia Omboni, negli anni Novanta distaccata alla procura di Palmi e impegnata nella maxi inchiesta sulla massoneria coordinata dall’allora procuratore della città reggina, Agostino Cordova. È stato proprio lui, e la sua difesa affidata all’avvocato Francesco Miccoli, a citare tra i testimoni la Omboni nell’ambito del processo per diffamazione originato da una sua denuncia contro il gran maestro aggiunto nazionale del Grande Oriente d'Italia, l'avvocato cosentino Antonio Perfetti. All'origine del contendere un articolo di giornale in cui Perfetti parlava dei fascicoli sulla massoneria aperti dalla procura di Palmi. Nel testo contestato l'avvocato Perfetti denunciava, tra l'altro, che con quelle indagini sarebbero state «perseguitate persone perbene», perdippiù «entrando senza permesso » nelle loro case. Inoltre, a causa dell'eccessivo impegno dedicato alle inchiesta su presunte logge coperte e massoneria deviata, Cordova avrebbe fatto prescrivere i processi relativi a 2.300 «sicuri malavitosi». In risposta alle domande del pm Donatella Donato e degli avvocati difensori di Perfetti, Renato Vigna ed Enzo Belvedere, l’ex pm veneto ha tra l’altro ricordato la presenza negli elenchi dei massoni sequestrati all’epoca di nomi che stranamente si ripetevano più volte identici, ciascuno, però, affiancato da codici diversi. Dettaglio che fece pensare agli inquirenti si trattasse di nomi cifrati i quali in realtà celavano fratelli coperti, la cui identità cioè era nota solo, come si dice in gergo, all’orecchio del gran maestro o sul filo della spada. La testimone ha aggiunto che durante l’iter investigativo avrebbero riscontrato condizionamenti da parte della massoneria delle elezioni amministrative del 1993 e delle politiche dell’anno successivo. Quindi ha citato delle presunte interferenze nelle logge degli ambienti criminali. In risposta a una domanda specifica dell’avvocato Vigna, ha anche ammesso di non avere letto la sentenza con cui il giudice istruttore di Roma, dove nel frattempo era stata trasferita l’inchiesta, archiviò le accuse formalizzate dalla procura palmese. Un ultimo passaggio clou è stato legato ai numerosi elementi sequestrati dagli inquirenti in vari sedi massoniche oltre che in appartamenti di “fratelli”. L’udienza è stata poi rinviata a ottobre per i testi della difesa e l’esame dell’imputato.

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