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Uscì dall’ospedale con
una gamba più corta

Era dolorante alle gambe ma viveva dignitosamente quei suoi quotidiani patimenti che la limitavano nella deamabulazione. Poi, nell’ottobre del 2008 C.L., pensionata cosentina, dopo aver sentito il parere degli specialisti, decise di sottoporsi ad accertamenti nel reparto di Ortopedia dell’“Annunziata”. I sanitari che la visitarono le diagnosticarono una «coxartrosi bilaterale delle anche con indicazione di intervento chirurgico di atroprotesi ed uso di bastone canadese». Una operazione che avrebbe dovuto restuituirle l’indipendenza nei movimenti. In realtà, però, uscì dall'ospedale con una gamba più corta di quattro centimetri. Tanti, troppi per vivere quell’esistenza normale che lei cercava dopo aver sofferto le conseguenze della patologia. C.L. decise di rivolgersi al Tribunale. La risposta è arrivata negli ultimi giorni con la sentenza vergata dal giudice civile Manuela Morrone con la quale viene condannata l’azienda ospedaliera a un maxi-risarcimento. Soldi che a C.L. non serviranno più perchè nell’attesa la pensionata è morta. Amaro il commento dell’avvocato Massimiliano Coppa, esperto in colpa medica: «Purtroppo, le ipotesi poste a base dell’istanza di risarcimento sono state confermate dal giudice nel provvedimento». L’incredibile trama è contenuta nei faldoni del processo. Una storia che comincia dal ricovero della donna. Una decisione assunta dopo aver completato le radiografie e stabilita la necessità dell’operazione a un arto inferiore. C.L., s’affidò all’equipe di Ortopedia e traumatologia dell’ospedale civile, sicura di poter risolvere il suo problema. Tuttavia, nonostante il ricorso al bisturi e l’inserimento d’una protesi nell’anca, i dolori non s’attenuarono. Il resto della vicenda è stato messo a fuoco dall’avvocato Coppa. «Subito dopo l’intervento, la mia assistita si sottopose ad indagini radiografiche dalle quali emerse una terribile quanto irreversibile realtà riconducibile ad una dismetria di 4 centimetri tra l’arto operato e quello sano, come ha accertato il perito nominato dal giudice». In sostanza, la donna sarebbe entrata in sala operatoria con due gambe d’identica lunghezza e ne sarebbe uscita con un arto più corto dell’altro. L’ipotetico errore si evincerebbe dalla cartella clinica e dall’accertamento tecnico eseguito dall’esperto del Tribunale. È la relazione peritale a rischiarare l’humus del preteso errore in corsia. Secondo il consulente, i sanitari che effettuarono l’intervento chirurgico di artroprotesi avrebbero tenuto conto solo della misurazione dell’arto più funzionale che non era da operare. Non avrebbero, invece, effettuato la giusta misurazione della gamba su cui impiantare la protesi rispetto alla lunghezza della protesi stessa. Un ipotetico errore che ha provocato l’evidente dismetria dell’arto operato». Dalla consulenza, emergerebbero ipotetiche responsabilità nelle condotte dei sanitari che ebbero in cura, sottoposero a visita la paziente e le avrebbero cagionato l’ipotetico danno irreversibile dal momento che la pensionata non si sarebbe potuta sottoporre a un secondo intervento chirurgico per una serie di ulteriori patologie concorrenti. E così C.L. si rivolta al Tribunale con un corposo dossier documentato dal rapporto del consulente medico legale, Berardo Cavalcanti, avanzando anche una richiesta di risarcimento del danno subito e certificato anche dal riconoscimento dell’invalidità totale (100%) da parte della Commissione dell’Asp cosentina. Risarcimento concesso dal giudice ma che non servirà a riprare il danno. Troppo tardi, C.L., non c’è più.

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