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Morte Bergamini,
indagini a Torino

Il calciatore bello e impossibile. Famoso ma caratterialmente introverso. Adorato dalle fans e corteggiato dalle grandi squadre. Vittima, forse, di un delitto quasi perfetto. Prima fatto passare per un incidente e, poi, per un suicidio. Denis Bergamini era già morto quando venne investito. Qualcuno l’aveva prima percosso mortalmente e, poi, disteso sulla corsia di transito perché fosse travolto. È la tesi del professor Roberto Testi, l’anatomo-patologo di Torino incaricato dalla Procura di Castrovillari di esaminare i reperti istologici estratti dalla salma durante l’autopsia. Reperti conservati gelosamente da un istituto universitario di medicina legale dell’Emi - lia Romagna. Il cadavere del centrocampista del Cosenza venne ritrovato riverso sulla 106 ionica la sera di sabato 18 novembre 1989. Era davanti a un camion condotto da un autista di Rosarno, Raffaele Pisano. I carabinieri fecero i rilievi e fotografarono tutto. Identificarono il conducente del mezzo investitore e la ragazza, Isabella Internò, 19 anni, che era partita da Cosenza in compagnia dell’ex fidanzato arrivando inspiegabilmente fino a Roseto Capo Spulico. Fu lei a rivelare che Bergamini l’aveva improvvisamente lasciata a bordo della Maserati su cui si trovavano lanciandosi sotto un camion che sopraggiungeva. Lei disse che «Erano da poco passate le 19». Per il professore Testi, invece, il calciatore era già cadavere da almeno un’ora.

LE FOTOGRAFIE. Quelle 15 foto scattate sulla scena del presunto “incidente”, poi classificato come “suicidio”, sembrano ora dar corpo alla agghiacciante tesi del consulente piemontese. I carabinieri del Ris di Messina che le hanno a lungo esaminate, insieme con le scarpe, la catenina e l'orologio della vittima, escludono una serie di circostanze date come certe quando venne chiusa la prima inchiesta. Gli “specialisti” dell’Arma, rielaborando le immagini con tecnologie moderne e ripetendo la dinamica dell’ipotizzato sinistro con un mezzo dello stesso tipo, escluderebbero la possibilità che Bergamini sia stato trascinato per cinquanta metri, come all’epoca attestarono dagli investigatori. La posizione del corpo, l’esame delle ferite, in particolare il chiaro schiacciamento del bacino rilevabile dalle immagini ingrandite, lo stato degli indumenti della vittima e dell’orologio che aveva al polso, lascerebbero chiaramente intendere che il cadavere del centrocampista venne “sormontato” dal mezzo pesante. La ruota anteriore destra passò, insomma, sul corpo determinando conseguenze chiaramente visibili.

L’INTERROGATORIO A TORINO. La nuova inchiesta ha registrato anche altri passi in avanti. A Torino, i carabinieri hanno interrogato ieri una zia materna di Isabella Internò, mentre in una struttura sanitaria cosentina sarebbero state acquisite delle certificazioni mediche. La teste sentita in Piemonte è probabile che sia a conoscenza di particolari intimi riguardanti il rapporto d’amore avuto dalla nipote con Bergamini. I due si frequentarono, tra alti e bassi, per tre anni.

L’IMPUTAZIONE. La Internò è indagata per concorso in omicidio. Gl’investigatori dell’Arma ritengono infatti che non fosse sola quando il calciatore venne colpito a morte probabilmente con calci e pugni. Chi erano gli ipotetici complici? E perché agirono? I magistrati inquirenti seguono una pista passionale legata alla fine burrascosa della relazione amorosa. E riprendono a circolare le voci di una mai provata interruzione di gravidanza. Forse solo malevole indiscrezioni e nulla più. O, forse, altro. Comunque sia Isabella Internò, che è difesa dagli avvocati Massimo Florita e Marta Perrotta, dovrà essere considerata innocente sino alla definizione della vicenda giudiziaria.

L’INDAGINE DEL 1994. I primi dubbi sulla reale causa della morte di Bergamini risalgono al 1994, quando la squadra mobile di Cosenza trasmise una articolata informativa sollecitando nuovi approfondimenti e inducendo la procura ad aprire un fascicolo per omicidio volontario. Un fascicolo che non ebbe tuttavia fortuna finendo poi in archivio. I poliziotti avevano seguito un pista, flebile ma sensata, che contemplava la presenza di elementi della criminalità organizzata negli ambienti del calcio. Gente di “rispetto” che frequentava gli stadi e “coccolava” qualche atleta.

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