L’ipotesi investigativa è inquietante: colonie di germi patogeni proliferavano nel sapone antibatterico. E l’infezione era veicolata dal personale sanitario che utilizzava quel detergente per l’igiene delle mani nel centro di raccolta sangue di San Giovanni in Fiore. Così la “serratia marcescens” avrebbe contaminato anche il plasma raccolto e inviato al Centro trasfusionale dell’“Annunzia - ta” di Cosenza a disposizione dei pazienti. Dopo la morte di Cesare Ruffolo, trattato con una sacca di quei globuli rossi infetti, i Nas hanno lanciato l’allerta nazionale su quel prodotto in attesa delle analisi da effettuare sulla campionatura dei flaconi di detergente medico finiti sotto sequestro. Gli accertamenti di laboratorio verranno eseguiti dagli esperti dell’Istituto superiore di sanità, martedì prossimo, alle 11, a Roma, dalla dottoressa Ida Luzzi del Dipartimento di Malattie infettive, Parassitarie e Immunomediate. Agli accertamenti tecnici prenderanno parte anche i consulenti nominati dalla famiglia Ruffolo e quelli indicati dagli indagati. L’esito dell’esame è atteso con particolare attenzione dalla Procura guidata da Dario Granieri, un risultato che servirà a orientare l’inchiesta sulla morte del settantanovenne di Rende. Proprio l’individuazione del focolaio, che ha dato origine alla contaminazione batterica, rappresenta il “buco nero” della spaventosa storia del sangue infetto in ospedale, di quel paziente entrato vivo con valori di emoglobina troppo bassi e uscito morto dopo la trasfusione con plasma contaminato.
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