Tutti condannati. E nessuno sconto alla moglie pentita del boss. La Corte di appello di Catanzaro (presidente Donatella Garcea) ha confermato le pene inflitte in primo grado ai presunti appartenenti alla cosca Bruni di Cosenza. Una cosca moderna e agguerrita segnata, però, dall’assassinio del capobastone, Francesco, consumato nel luglio del 1999 a due passi dal carcere bruzio, dalla morte prematura del suo successore, Michele, avvenuta per cause naturali a Livorno nel giugno del 2011, e dalla scomparsa per lupara bianca di Luca, “reggente” del gruppo, registrata nel gennaio del 2012 a Rende. L’inchiesta “Telesis” – da cui prendeva spunto il processo definito ieri – rivelava come il mercato degli stupefacenti e quello delle estorsioni rappresentasse un settore di grande interesse per il clan. Le pene più alte, ieri, sono state inflitte a Fabio Bruni (20 anni), fratello del padrino defunto, e a Pasquale Ripepi (19 anni e 8 mesi). Confermata la condanna a sei anni di reclusione ad Edyta Kopacinska, moglie di Michele Bruni, il padrino che tentò la scalata alla città. Edyta, dall’agosto scorso, è diventata collaboratrice di giustizia. Un apporto, per il momento, considerato ininfluente dai giudici che non le hanno accordato bonus sulla pena.