A Cosenza la maglia nera per il fenomeno crescente delle cosiddette "neet" le giovani donne calabresi tra i 15 e i 29 anni che non lavorano, nè sono impegnate in unn percorso formativo. Sono circa 65mila in Calabria secondo uno studio DEmoskopika. La città dei bruzi guida la poco onorevile classifica con il 34.1% di (inoccupate inattive) segue Reggio Calabria con il 30.8%. Va meglio a Catanzaro, 14.6%, Crotone , 11% e Vibo Valentia, 9,5%. Preoccpa, secondo quanto emerge dai dati anche il peso della crisi che - si legge in una nota "continua ad alimentare il disagio sociale in Calabria, soprattutto tra le donne: il tasso di disoccupazione femminile nel 2013 è balzato al 23,5%, in rialzo di ben 10 punti percentuali rispetto al 2011. Il che si traduce in quasi 60 mila donne calabresi in cerca di lavoro, vale a dire oltre 26 mila disoccupate in più rispetto al 2011. Parallelamente la quota di occupate si è contratta di quasi 2,5 punti percentuali tra il 2011 ed il 2013 con circa 20 mila posti di lavoro persi tra le donne in soli due anni.""Il costo della recessione sociale – ha dichiarato l’economista Raffaele Rio - si misura anche nella dinamica del mercato del lavoro. La perdita di 20 mila posti di lavoro tra le donne calabresi pesa come un macigno sulle famiglia calabresi. Ècome se improvvisamente chiudesse l’intero gruppo Fininvest o, in un colpo solo, restassero a casa tutti i dipendenti del Gruppo Unipol, Edison ed Erg messi insieme. Anche i primi provvedimenti che sembrano emergere dal Jobs Act del governo Renzi rischiano di peggiorare ulteriormente la condizione della donna nel mercato del lavoro. La prevista ulteriore flessibilizzazione del mercato del lavoro – precisa Raffaele Rio – consentendo al datore di lavoro la possibilità di utilizzare contratti brevi in un arco temporale di 36 mesi potrebbe produrre delle discriminazione nei confronti delle donne quali il mancato rinnovo del contratto alla notizia della maternità o la difficoltà di iscrizione del bambino all’asilo senza la dimostrazione di possedere un contratto almeno annuale. La politica – conclude Raffaele Rio - presti al mercato del lavoro femminile la stessa attenzione che dedica alla legge elettorale o ad altro, altrimenti ci sarà sempre meno spazio per la ripresa economica e sociale".
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