È uno dei termini più diffusi del momento. Una moda che va soprattutto tra i giovani utenti della rete. Il “selfie” è un autoritratto fotografico, un autoscatto che viene condiviso sui social network. Si sceglie la posa e si scatta col telefonino, si modifica colore e luminosità, s’invia direttamente al profilo personale e il gioco è fatto. Ecco allora che spuntano migliaia di selfie: alla guida, a tavola, al mare, in piscina, in pizzeria, e, persino, senza veli. Anzi, “selfarsi” nudi è diventata una pericolosa abitudine. Scatti osè riempiono i book virtuali dei ragazzini. Foto taggate da amici, amici degli amici e persino dai frequentatori occasionali dei profili. Di pc in pc quelle immagini private viaggio verso un destino che spesso può rivelarsi pericoloso. Sono, soprattutto, i maschi a mettersi nei guai anche se qualche volta può capitare pure alle ragazzine. Sembra accadere per caso e, invece, è un meccanismo perverso che li risucchia. Un sistema collaudatissimo con ingranaggi azionati da giovani donne tutte affascinanti e da maschi palestrati. Sono donne e uomini per i quali è facile perdere la testa. E una volta intrappolati nelle loro perverse ganasce, oltre alla testa i ragazzini finiscono per perdere pure l’onore e la dignità. Giocando a fare i grandi, gli adolescenti si immergono in quel mondo nero e si ritrovano contaminati dalla corruzione e dal male. I dettagli di questo nuovo fenomeno sono contenuti nelle denunce che riempiono gli uffici della Polizia delle Comunicazioni di Cosenza. I detective del questore Luigi Liguori, da mesi ascoltano i ragazzi e i loro genitori e quei loro racconti definiscono i contorni d’un dramma che investe soprattutto la galassia giovanile.
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