
È stata identificata un’altra delle bambine vittime dell’orco, vendute dai genitori a un 74enne senza scrupoli. Che spendeva gran parte della pensione per soddisfare voglie stomachevoli, di cui sono almeno altrettanto responsabili l’uomo e la donna che solo un algido pezzo di carta può indicare come genitori delle bimbe nemmeno adolescenti. La più grande non ha neanche 14 anni, la più piccola 11. Ma nei filmati e nelle fotografie realizzati dal presunto pedofilo e visionati per giorni e notti con crescente imbarazzo dai carabinieri della compagnia cittadina, sono costrette a comportarsi da donne. Anzi di più. Erano completamente in balìa del loro aguzzino, al momento solo indagato, senza nessuna possibilità di salvezza. Non sarebbe servito a nulla piangere, chiedere aiuto, provare a scappare. Chi le avrebbe potute aiutare se i genitori le avevano consegnate alle mani sudate dell’orco e alle sue pulsioni più basse? In cambio di centinaia di euro poteva farne ciò che voleva. E così succedeva, consumando rapporti sessuali di ogni genere e senza nessuna protezione. I militari, agli ordini del tenente Jacopo Passaquieti e del luogotenente Cosimo Saponangelo, sono riusciti a dare un no- me a una terza vittima dopo le due sorelline da cui è scattata l’inchiesta, ma ne restano almeno altre cinque e forse sei sconosciute. I volti terrorizzati compaiono nei video e negli scatti sequestrati in casa del pedofilo che vive nell’area urbana e pare non ne facesse commercio. Non è facile identificare le bimbe poiché non è affatto semplice penetrare nelle fitte maglie di omertà che già normalmente avvolge il campo rom, e che in questi giorni è diventato ancora più difficile da violare. Ecco perché gli investigatori del colonnello Giuseppe Brancati, coordinati dalla magistratura inquirente che segue il caso col procuratore Dario Granieri e i suoi sostituti Antonio Tridico e Salvatore Di Maio, chiedono aiuto affinché chi sa parli. Non solo offrendo la disponibilità a dare un nome ai piccoli angeli costretti a tutto dall’orco che ha pure ammesso provando a giustificarsi col consenso dei “genitori”, ma anche a raccontare se ci sono altre storie simili ancora nell’ombra. Se hanno notato strani traffici, accordi immondi, insoliti via vai di auto. Chi pratica la favela di Vaglio Lise, il pozzo nero di questa sporca storia di pedopornografia, può avere visto, intuito, notato, scoperto qualcosa. Anche un dettaglio, apparentemente insignificante, per gli investigatori può essere determinante. Chi sa deve parlare, è un dovere. Basta un numero di targa o di cellulare. Un’indicazione qualsiasi. Sia da esempio il cuore e la dignità della giovane donna che ha permesso ai carabinieri di portare a galla questo maleodorante caso. Che, è il timore di molti, può essere solo la punta d’un iceberg opaco e tutto sommerso. Individuata la terza vittima si lavora per capire se, come per le due sorelline iniziali, anche i suoi congiunti fossero complici del pedofilo. Il quale, hanno ricostruito le forze dell’ordine, consegnava cifre tra i 500 e i mille euro per ogni “incontro”. Sino a giungere 40 mila euro.
Caricamento commenti
Commenta la notizia