Donne di ‘ndrangheta. Nella Serpa, cugina del temuto e irriducibile boss di Paola, Mario, è stata condannata a 18 anni di reclusione perchè ritenuta “reggente” del clan. Non solo: la Serpa risulta attualmente imputata davanti alla Corte di assise di Cosenza come mandante di alcuni delitti di mafia. La sua condanna ripropone il tema del ruolo delle femmine nelle consorterie criminali nostrane. In Calabria le signore nella malavita hanno per decenni contato poco o nulla. O meglio: nelle dinamiche delle consorterie delinquenziali la loro è stata una presenza da ininfluenti comprimarie. Assistevano padri, mariti e fratelli nei periodi di detenzione, badavano ai figli e forse alimentavano quella subcultura della vendetta, dell’onore e del rispetto particolarmente cara agli ambienti frequentati da boss e picciotti. Se nel Reggino abbiamo testimonianza di donne che appartenevano a fibbie mafiose prima a Rosarno, alla fine dell’Ottocento, con Concetta Muzzupappa e poi a Sant’eufemia d’Aspromonte, alla fine della Seconda guerra mondiale, con Eufemia Bonfiglio, compagna del bandito gioacchino Leonello, nel Cosentino l’unica esponente del gentil sesso di cui v’è traccia è Agatina de Francesco, sorella di Francesco de Francesco, capo della picciotteria locale, attiva nelle questioni di malavita accanto al fratello agli inizi del Novecento. Poi c’è il vuoto, fino agli anni ‘90. In provincia di Reggio Calabria troveremo invece donne vittime di agguati come Francesca Bardo, assassinata a Seminara negli anni ‘70 e Angela Bonarrigo, ammazzata a Oppido Mamertina nel ‘97, o ancora donne al comando di cosche insieme ai mariti come tra il ‘77 e l’89 è accaduto a Palmi con Concetta Managò. nel Cosentino si faranno i conti con la presenza femminile solo nel 1995 quando, grazie alla collaborazione con la giustizia del padrino di Sibari Giuseppe Cirillo, si scoprirà che la moglie Maria Luigia Albano, detta donna Gina, veniva chiamata dai malavitosi del clan “la padrona” per la funzione di comando che efficacemente svolgeva in assenza del coniuge. A Cosenza, la magistratura indicherà invece come mafiosa la polacca Edyta Kopaczynska, moglie del boss Michele Bruni, condannata con sentenza definitiva, mentre a Cassano sarà la ceca Lucia Bariova a finire sul banco degli imputati come moglie del padrino Vincenzo Forastefano.