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L’autodiagnosi per evitare d’intasare il pronto soccorso

L’autodiagnosi per evitare d’intasare il pronto soccorso

Achille Gentile, manager fresco di nomina dell’Azienda ospedaliera (era già commissario), “debutta” annunciando la fine dell’emergenza al pronto soccorso: «La carenza di personale, medico e infermieristico, è stata superata con la recente assunzione di ulteriori 5 dirigenti medici». Sente, però, il dovere di precisare che l’88% della popolazione chiede aiuto al Pronto soccorso «senza essere affetta da problemi gravi, il che comporta un infernale intasamento». Per questo, ritiene che «quella dei Pronto soccorsi è una emergenza da affrontare in un contesto di riordino complessivo della rete ospedaliera, un cambio di rotta non più rinviabile. I codici bianchi non dovrebbero nemmeno entrare in Pronto soccorso e la loro gestione dovrebbe essere affidata a centri ambulatoriali aperti h 24 che alleggeriscano il carico di lavoro delle strutture di emergenza e di conseguenza riduca i tempi di attesa per tutti. Oggi, invece, la gestione dei codici bianchi occupa moltissimo tempo. Un invito voglio rivolgere ai cittadini – continua Gentile –, pur comprendendo un fattore molto umano, che si chiama paura, che fa sì che quando un cittadino stia male si rivolga al Pronto soccorso, perché si sente più tranquillo. Tuttavia evitate di ricorrervi se non per patologie serie, per permettere cure più tempestive ai pazienti più gravi». Fin qui la requisitoria del manager. Il fatto è che, tanto per cominciare, servirebbero ambulatori presenti, non solo nelle liste dei canoni di fitto mensili a carico dell’Asp. Anche quelli dei fitti costituiscono sprechi che fanno lievitare la spesa sanitaria e, di conseguenza, indeboliscono le capacità di rientro. E azzerano, praticamente, la possibilità di fornire una rete di assistenza sanitaria efficiente. In assenza di risposte dal territorio, il povero malato che deve fare? Aspettare il proprio turno sperando nel frattempo di non morire? E chi dovrebbe accertare la gravità del disturbo dal paziente? Il paziente stesso? Per non parlare di quello che accade nel fine settimana o nei periodi di festa, quando tutto diventa ancora più complicato. Bisognerebbe star male a tempo, o resistere fino al rientro dei medici. Il diritto alla salute non può essere sintetizzato nell’espressione di un colore o di un codice (del resto, per stabilire la gravità di una patologia servono accertamenti). Nell’impossibilità di avere risposte immediate dal proprio medico di base o dai poliambulatori, il cittadino non può fare altro che rivolgersi alla struttura pubblica. Del resto, il sovraffollamento è uno degli effetti dei tagli dei piccoli ospedali e non certo solo delle paure dei cittadini.

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