Cosenza

Sabato 23 Novembre 2024

Voto di scambio,
arrestati 5 politici

Voto scambio, arrestati 5 politici

Cinque politici sono stati arrestati e posti ai domiciliari dai carabinieri di Cosenza con l'accusa, a vario titolo, di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, corruzione, insieme a 4 esponenti di vertice della cosca di 'ndrangheta "Lanzino-Ruà", egemone in provincia di Cosenza. Tra i politici arrestati anche Sandro Principe, del Pd, ex Sindaco di Rende, già sottosegretario al Lavoro e già assessore e consigliere regionale, e l'ex consigliere comunale Giuseppe Gagliardi, di 69 anni. Il provvedimento restrittivo, emesso dal gip del Tribunale di Catanzaro, è stato poi notificato in carcere a quattro elementi di spicco della cosca Lanzino-Ruà, Adolfo D'Ambrosio (49), Michele Di Puppo (52), Francesco Patitucci (56) e Umberto Di Puppo (47). Arrestato, infine, anche Marco Paolo Lento (41).

Oltre all'ex sottosegretario Sandro Principe, gli altri politici coinvolti nell'operazione sono un altro ex sindaco di Rende, Umberto Bernaudo; l'ex consigliere regionale Rosario Mirabelli e l'ex consigliere provinciale Pietro Ruffolo. Per tutti sono stati disposti gli arresti domiciliari.

I reati contestati a vario titolo sono concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio, corruzione. Le indagini, condotte dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro e, nello specifico, dal Procuratore Aggiunto Dr. Vincenzo Luberto e dal Sost. Proc. Dr. Pierpaolo Bruni e coordinate dal Procuratore della Repubblica di Catanzaro f.f.  Dr. Giovanni Bombardieri, sono state svolte dal Nucleo Investigativo del Comando Provinciale di Cosenza ed hanno delineato un  “intreccio” politico/mafioso che ha consentito a candidati alle varie tornate elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale di Rende, tenutesi a partire dal 1999 e fino al 2011, nonchè per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Cosenza del 2009 e del Consiglio Regionale della Calabria del 2010, di ottenere l’appoggio elettorale da parte di personaggi di rilievo della cosca di ‘ndrangheta “Lanzino-Ruà” di Cosenza, già tutti definitivamente condannati per “associazione mafiosa”, in cambio di condotte procedimentali amministrative di favore contrarie ai doveri d’ufficio.
Tra le attività illecite riscontrate - che di fatto hanno disvelato l’esistenza di un collaudato “sistema” ultradecennale che ha visto quale maggiore centro d’interessi l’amministrazione comunale di Rende - quelle connesse all’affidamento in gestione di locali pubblici comunali a beneficio di personaggi appartenenti al citato sodalizio di ‘ndrangheta, all’assunzione presso la società “municipalizzata” preposta alla gestione dei servizi comunali, di soggetti intranei o contigui al gruppo criminale, al mancato licenziamento di alcuni di questi a seguito di intervenute condanne nonché alla promessa dell’erogazione di fondi pubblici per finanziare una cooperativa creata ad hoc, da un personaggio di vertice della cosca, per la gestione dell’area mercatale di Rende.
Le assunzioni presso la “municipalizzata”, in particolare, hanno riguardato vari esponenti della cosca, tra cui il capo del sodalizio di ‘ndrangheta, Ettore Lanzino.
Tali condotte di favore sono risultate il frutto di patti elettorali opportunamente stipulati in occasione delle varie competizioni politiche e che vedevano costantemente coinvolta la cosca “Lanzino/Ruà”, essendo peraltro emerso come i relativi esponenti non si adoperavano nelle attività di procacciamento di voti in ragione di particolare fidelizzazione politica, ma per un ovvio e scontato perseguimento di interessi della cosca medesima, che talora poteva essere perseguito anche attraverso l’appoggio di candidati diversi o di differenti fazioni.  
L’attività d’indagine, inoltre, ha fatto emergere come, anche in occasione della campagna elettorale dell’anno 2014, per il rinnovo del consiglio comunale di Rende, sia stato “interessato”, benchè detenuto, uno dei quattro sodali raggiunti da misura cautelare, oggi a 41 bis, al fine di ottenere il suo assenso e le indicazioni alla cosca per fornire l’appoggio elettorale, secondo prassi già riscontrate in passato. Lo stesso, però, intercettato durante un colloquio in carcere con i congiunti, poneva come condizione insuperabile il pagamento di una cospicua somma di denaro, lamentando gli scarsi benefici ottenuti dalla cosca nel recente passato, allorquando si era persino occupato di monitorare l’attività politica dai principali candidati.

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