‘Ndranghetista e imprenditore. Lesto nel menare le mani ed astuto nel concludere affari: Roberto Violetta Calabrese è il collaboratore di giustizia che ha consentito alla procura antimafia diretta da Nicola Gratteri di far luce su un singolare giro di prestiti privati nel quale sarebbe coinvolta una gloria del calcio calabro. Il campione finito nella polvere è Francesco Modesto che è passato dalle corse sull’erbetta verde dei grandi stadi italiani alle claustrofobiche celle del carcere di Cosenza. Calciatore professionista 34enne, oggi svincolato, Modesto ha militato nel Cosenza, Palermo, Ascoli, Reggina, Genoa, Bologna, Parma, Pescara, Padova e Crotone (dove appena 4 mesi fa ha festeggiato la promozione in A). Il pentito Calabrese lo tira in ballo pesantemente facendo esplicito riferimento a somme di denaro appartenenti all’atleta utilizzate per alimentare una presunta attività di strozzinaggio. Quanto sia temuta la collaborazione di Roberto Violetta Calabrese con la magistratura inquirente lo dimostrerebbero i due diversi attentati compiuti in danno dei suoi familiari. Il primo risale al 26 novembre 2012, venne condotto sulla centralissima via XXIV maggio di Cosenza e rischiò di costare la vita al fratello del pentito che gestiva un solarium. L’altro, risale al 16 dicembre 2015, ed è stato portato a termine nell’altrettanto centrale e frequentata piazza Loreto: in questo caso un “ambasciatore” delle cosche ha aperto il fuoco contro le vetrate della pizzeria nella quale si trovavano il padre e il fratello del collaboratore. Un messaggio inequivocabile. Roberto Violetta Calabrese ha svelato i retroscena di una serie di affari sporchi e conosce, pertanto, il percorso seguito dal fiume carsico del riciclaggio. L’ex malavitoso aveva il “pallino” dell’edilizia. Il desiderio di affrancarsi apparentemente dalla condizione di ‘ndranghetista l’aveva spinto a tentare la strada (fino a un certo punto con successo) dell’imprenditoria. E, così, insieme con un boss dei clan bruzi era entrato come socio in un’azienda di costruzioni spodestando il reale proprietario vittima da tempo di debiti. «Io misi soldi direttamente – ha raccontato il pentito – diventando socio dell’azienda». Il boss tirato in ballo, invece, avrebbe utilizzato l’espediente d’un fittizio conferimento di capitali attraverso l’uso d’un conto corrente intestato proprio al calciatore Francesco Modesto per assicurare all’imprenditore in gravi difficoltà economiche un prestito usurario. «La provvista di 60mila euro proveniva – aggiunse Calabrese – da un conto acceso presso una banca di Rende». Il pentito ha spiegato che gli esponenti della criminalità organizzata avrebbero approfittato della debolezza finanziaria del titolare dell’impresa per impossessarsene e ottenere poi l’utilizzo di appartamenti. Quanti altri imprenditori hanno subito la medesima e occulta forma di “espropriazione”?
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