È stata condannata a sette anni di reclusione Ester Mollo, moglie del pentito Marco Paura, coinvolta nel processo “Job Center” contro un vasto giro di spaccio di droga collegato al clan degli zingari e con base operativa nel centro storico cittadino. Inflitti pure due anni a Michele Branca e Francesco Gamba, gli altri due imputati che insieme alla Mollo avevano scelto la strada del rito ordinario. Una sentenza che comunque si discosta parecchio dalle richieste avanzate al termine della sua requisitoria dal pm Domenico Assumma: il rappresentante dell’accusa aveva infatti chiesto al giudice Enrico Di Dedda di condannare la Mollo a 13 anni e 4 mesi, Gamba a 12 anni e Branca a 10 anni e 6 mesi. Ridimensionata anche la portata dei capi d’imputazione. Nei confronti della moglie del collaboratore di giustizia, assistita legalmente dall’avvocato Emanuela Capparelli, non è stata infatti riconosciuta una delle contestazioni più pesanti, quella cioè d’essere tra i promotori dell’associazione delinquenziale. A Branca e Gamba, difesi rispettivamente dagli avvocati Aurelio Sicilia e Maurizio Nucci, sono stati invece addebitati singoli episodi di spaccio con l’assoluzione dal reato di associazione a delinquere.
L’operazione “Job Center” risale a un anno fa, quando la Direzione distrettuale di Catanzaro e la Procura bruzia fanno scattare quattordici provvedimenti restrittivi contro altrettante persone sospettate di far parte di un gruppo criminale dedito al narcotraffico. Più in particolare, gl’inquirenti indicano col ruolo di capi dell’organizzazione Celestino Abbruzzese e Anna Palmieri, mentre a Paura e alla moglie veniva affibbiato il compito di “braccio operativo” del sodalizio. Il canale di rifornimento dello stupefacente è stato invece individuato nella Sibaritide, grazie ai contatti tra il clan bruzio e i malacarne di quell’area della provincia. Poco dopo l’arresto, tuttavia, Paura (che per “Job Center” verrà giudicato col rito abbreviato) ha scelto di passare dalla parte della giustizia. Lo stesso Paura, nell’ambito del processo ordinario, dovrà rispondere del reato di falsa testimonianza: il Tribunale ha infatti disposto la trasmissione in Procura degli atti relativi al collaboratore.
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