L’arrivo di buon mattino. «Buongiorno signora, è la polizia. Aprite, per cortesia, ché dobbiamo fare un controllo». Ieri mattina gli agenti del Commissariato di Castrovillari si sono presentati dinanzi alla casa dei genitori di Franco Attanasio, il 33enne agente immobiliare che dopo cinque giorni di fuga decise di costituirsi nella questura di Cosenza confessando d’avere ucciso l’imprenditore 31enne di San Lorenzo del Vallo, Damiano Galizia, trovato privo di vita il 2 maggio scorso in una villetta di contrada Dattoli, a Rende, non molto distante dall’ateneo di Arcavacata.
In base a quanto trapelato gli investigatori castrovillaresi si siano recati nell’abitazione dei congiunti del presunto assassino alla ricerca di documenti utili a fare ulteriore luce sul movente del delitto dopo mesi d’indagini che pare abbiano inquadrato il contesto all’interno del quale è maturato l’omicidio. Sulle verifiche il riserbo è molto stretto ma pare sia stato individuato il materiale cercato.
Il delitto
Fu Attanasio a indicare ai poliziotti l’abitazione in cui avrebbero trovato il cadavere del compaesano avvolto in un tappeto e sigillato con nastro adesivo e buste di plastica. L’agente immobiliare rivelò pure il movente: un debito di 17mila euro contratto con la vittima e che non sarebbe riuscito a onorare. Soldi che tra l’altro avevano più volte fatto innervosire Galizia, al punto da insultare e schiaffeggiare l’amico. Il 26 aprile l’appuntamento nei pressi dello svincolo autostradale di Rende. Dopo l’incontro e il breve tragitto verso Dattoli, l’ennesima lite fino ai quattro colpi di pistola in rapida successione esplosi sull’uscio di casa. Fin qui il racconto di Attanasio, tesi che non ha convinto del tutto gli investigatori guidati dal questore Luigi Liguori e dal suo vice Giuseppe Zanfini, e coordinati dal pm Giuseppe Visconti.
L’arsenale
L’omicidio del giovane imprenditore sanlorenzano si sovrappone a un altro mistero ancora tutto da decifrare: il ritrovamento, proprio nei giorni della sparizione di Malizia, d’un enorme arsenale nascosto in un box auto non molto distante dall’uscita rendese della Salerno-Reggio Calabria. Una scoperta messa a segno dagli esperti agenti della squadra mobile proprio grazie alla “soffiata” dell’assassino reo confesso. Un caso su cui indaga la procura antimafia di Catanzaro.