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Sparò ai Sacco, condannato

Sparò ai Sacco, condannato

Quella sera l’ex consigliere Roberto Sacco e suo figlio si ritrovarono in mezzo a un film di paura. Sudarono, sudarono tanto, tra colpi di pistola e sgommate sull’asfalto. Filippo Rovito sembrava fuori di testa. Spingeva la sua auto come un matto all’inseguimento della vettura dei Sacco. Una notte folle che finì in questura dove padre e figlio trovano riparo e, probabilmente, salvarono la pelle.

Una trama che il pm Donatella Donato ha confinato nei cosiddetti motivi personali, ieri mattina, davanti al gup Francesco Luigi Branda. Uno scenario impalcato sul desiderio di vendetta dell'imputato nei confronti del più giovane di Sacco ritenuto responsabile della fine del suo legame sentimentale. Vicende private, insomma, che avrebbero costituito l’innesco d’un dramma sfiorato e che il gup ha qualificato come tentato omicidio, condannando il cinquantatreenne, a sei anni e quattro mesi di reclusione. Una sentenza invocata con tenacia anche dai patroni di parte civile, gli avvocati Salvatore e Francesco Vetere, che hanno ottenuto pure il riconoscimento del danno in favore delle parti offese che dovrà essere quantificato in sede civile. Al pm, invece, sono tornati gli atti per il dissequestro della vettura dei Sacco sui quali erano stati compiuti gli accertamenti da parte degli investigatori della scientifica.

Lo scenario è saldamente ancorato a quello che sarebbe accaduto tra la sera e la notte del 18 giugno scorso. Il rancore serbato da Rovito nei confronti del giovane Sacco avrebbe acceso la miccia già qualche ora prima della sparatoria. Secondo il racconto reso alla polizia dal politico, “trombato” solo qualche settimana prima dell’attentato alle comunali, infatti, verso le 21 di quel giorno, alla guida di una “Mito”, Rovito si sarebbe avvicinato per ben due volte in maniera minacciosa al figlio, fermo in piazza Europa. Scene notate da Roberto Sacco che avrebbe chiesto all’uomo di lasciar perdere il suo ragazzo. Ma l’indagato, prima di allontanarsi a tutta velocità, avrebbe preannunciato le sue intenzioni di vendetta. E, qualche ora più tardi, con padre e figlio a bordo della loro utilitaria, Rovito avrebbe contattato telefonicamente il genitore rivolgendogli presunte minacce di morte: «Dove siete che vi vengo ad ammazzare». Dopo poche centinaia di metri, l’incontro con Rovito, alla guida d’una Mercedes, che avrebbe cominciato a inseguirli sino a raggiungerli in una traversa di via Popilia nella quale la Fiat 500dei Sacco era entrata cercando di seminare l’uomo. Un tentativo non riuscito. Rovito avrebbe cominciato a sparare contro l’auto, sforacchiando gli sportelli. Terminata la tempesta di piombo, padre e figlio avrebbero raggiunto la questura e denunciato quello che era appena accaduto loro. La mattina successiva, Rovito si presentò in questura. Ieri, la sentenza di primo grado che ha cristallizzato i fatti.

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