Una città a cavallo tra due province. Finita sotto il controllo del “capo crimine” Nicolino Grande Aracri, “signore” di Cutro, ma punto di riferimento di tutte le cosche dell’area mediana e settentrionale della regione. La ‘ndrina di San Giovanni in Fiore era retta da Giovanni Spadafora, detto “u ciommu”, fratello di Vittorio, 33 anni, oggi pentito. Spadafora agiva in nome e per conto del “locale” di Belvedere Spinello guidato da Francesco Oliverio (pure lui collaboratore di giustizia) posto alle dipendenze del “Crimine” cutrese. Il capoluogo della Sila – a lungo sottovalutato nell’immaginario collettivo – è stato il punto di snodo di vasti interessi legati al traffico di droga, alla creazione di nascondigli per latitanti, ai “cimiteri” in cui far sparire le vittime della lupara bianca.
San Giovanni è stato per un periodo il rifugio prediletto e sicuro di Guirino Iona, irriducibile e sanguinario boss di Belvedere Spinello. Le forze dell’ordine tentarono di catturarlo, senza successo, nel 1999 facendo irruzione in uno stabile del centro cittadino. E nei boschi di faggi che da Aprigliano risalgono fino al luogo in cui visse l’abate Gioacchino, vennero arrestati, nella notte tra il 3 e il 4 novembre del 2008, i due più temuti esponenti del “locale” mafioso di Cirò: Cataldo Marincola e Silvio Farao. Vivevano nascosti in una casa colonica e avevano scelto l’impenetrabile bosco per sfuggire ai carabinieri. Avevano trovato rifugio un casolare nascosto tra la vegetazione. Raggiungibile solo attraverso una stradina sterrata che si arrampica tra la fitta vegetazione. A San Giovanni, nel dicembre del 2004, ha trovato per una intera settimana un comodo e sicuro nascondiglio pure uno dei killer di Pasquale Nicoscia, esponente della ’ndrangheta di Isola Capo Rizzuto, assassinato nella cittadina crotonese. È stato l’ex boss pentito Oliverio a raccontarlo ai pm della Dda di Catanzaro. Tra gli alberi secolari che circondano la città dell’altopiano sono stati inoltre ritrovati i corpi carbonizzati di tre vittime delle cosche: Gaetano Covelli, Paolo Conte e Antonio Silletta. Il primo delitto è ancora impunito; sugli altri due, invece, la procura distrettuale diretta da Nicola Gratteri, ha fatto luce nell’ottobre scorso grazie a un’inchiesta firmata dal procuratore aggiunto, Vincenzo Luberto e dal pm antimafia Domenico Guarascio. L’operazione, denominata “Sei città”, condotta dai carabinieri ha portato in quell’occasione proprio all’arresto di Vittorio Spadafora e del germano Giovanni. Entrambi appartenenti, con ruoli apicali, ad un’associazione mafiosa attiva a San Giovanni in Fiore. Dopo decenni, dunque, è stata formalizzata con provvedimenti giudiziari l’esistenza di una ‘ndrina in Sila. Un fatto storico che, adesso, trova piena conferma nelle confessioni del nuovo pentito. Una ‘ndrina capace di condizionare imprenditoria e politica.