Un morto senza pace. «I dati tanatologici, i rilievi effettuati, gli accertamenti che abbiamo fatto compiere in questi mesi non lasciano affatto pensare ad un suicidio»: il procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla, lascia ben intendere la ragione per la quale l’inchiesta sulla morte del calciatore Denis Bergamini debba essere riaperta. Sarà il Gip della città del Pollino a dover scegliere tempi e modi. Il magistrato inquirente ne ha fatto formale richiesta. “Il calciatore suicidato”: s’intitolava così il libro scritto dal compianto Carlo Petrini che per primo ipotizzò la presenza, dietro la morte del centrocampista, della mano di un assassino. Difficile provarlo ma non altrettanto difficile ipotizzarlo. La procura castrovillarese riaprì una prima volta le indagini negli anni scorsi, disponendo nuove perizie scientifiche e più accurate indagini senza, tuttavia, addivenire a una soluzione del “giallo”. Erano stati i famigliari del centrocampista del Cosenza a chieedere a gran voce approfondimenti investigativi. Donata Bergamini, prediletta sorella del campione, non aveva mai creduto alla pista del gesto di autodistruzione. Denis non aveva alcuna ragione per togliersi la vita, ha sempre ripetuto la donna. Ed a lei si sono accodati con convinzione i compagni di squadra. Dunque, chi l’ha ucciso? E, soprattutto, perchè? La mancanza di un movente accertato ha sempre sinistramente condizionato questa storia. Ora Eugenio Facciolla vuol vederci chiaro. E ci mette la faccia. Come inquirente, il togato vanta una lunga esperienza che l’aiuterà a scovare possibili indizi magari trascurati in questi anni e ad seguire piste rimaste inesplorate. Se c’è un filo invisibile che lega la morte dell’atleta alla mano d’un omicida, riuscirà a individuarlo.
Il gip di Castrovillari, Anna Maria Grimaldi, nel dicembre del 2015, ha archiviato l’altra inchiesta che era stata avviata, nel 2009, dalla procura di Castrovillari su richiesta dei familiari del calciatore morto nel 1989 sulla Statale 106 ionica. Il Gip, nel chiudere le posizioni di Isabella Internò, all’epoca fidanzata della vittima, e dell’autista Raffaele Pisano, che guidava il camion che linvestì Bergamini, scrisse: «pur restando incomprensibili oscuri aspetti privi di rilevanza giuridica non vi sono dubbi in relazione al fatto che non vi sia stato alcun delitto di omicidio e che la morte del Bergamini non sia ascrivibile alla condotta violenta di terze persone quindi, non ci troviamo di fronte a un quadro probatorio che possa trovare incremento o risoluzione in una successiva fase dibattimentale». Cosa è accaduto più di un anno dopo? Il procuratore Facciolla ha escluso la presenza di testimoni o di un pentito. La scelta di ricominciare attiene, invece, ad una serie di risultanze scientifiche e medico-legali frutto del lavoro di un vecchio mastino delle investigazioni scientifiche calabresi: il professore Aldo Barbaro. L’anatomo-patologo negli ultimi trent’anni è stato protagonista di tantissimi e clamorosi casi giudiziari. E spesso la sua opera è servita a far luce su crimini destinati altrimenti a rimanere impuniti.