Al telefono un Mario Occhiuto evidentemente sofferente, chiede di rispettare il riserbo imposto da una vicenda clamorosa che da ieri è all’attenzione dei magistrati: «C’è una denuncia in Procura, vi prego, non posso dire nulla». E nulla aggiunge, anche se quel suo desiderio di astenersi rappresenta la conferma a certe voci che circolavano già da martedì sera. Spifferi che annunciavano la fine burrascosa dell’antico rapporto di amicizia tra il sindaco e il capo della sua segreteria, Giuseppe Cirò. Non un amico, ma uno di famiglia per gli Occhiuto. Per Mario e, prima ancora, per Roberto. Sempre lì, sempre al fianco dei fratelli. Anche quando c’era il rischio di prendere gli schiaffi (e lui li ha presi per evitare l’aggressione al sindaco). «Un fulmine a ciel sereno», dicono a Palazzo dei Bruzi. Nessuno parla, nessuno sa. Almeno ufficialmente, tutti tacciono. Ammettono però d’essere sotto choc per una notizia che stordisce. «È incredibile, ancora non sembra vero che tra i due la storia sia finita».
Ieri mattina Cirò è stato avvistato nei corridoi del Comune, come sempre. Diversamente dal solito, però, a un certo punto della mattinata è sparito, mentre le voci d’un suo clamoroso “licenziamento” si facevano sempre più insistenti: il primo cittadino ha disposto la revoca dell’incarico fiduciario al suo vecchio amico, Cirò appunto. La motivazione ufficiale, almeno per adesso, rimane sbarrata dagli omissis dell’inchiesta in attesa che il procuratore capo, Mario Spagnuolo, e l’“aggiunto”, Marisa Manzini, valutino completamente i contenuti dell’esposto del sindaco e accertino le accuse.
In realtà, a Palazzo dei Bruzi parlano solo tecnicamente. E tecnicamente spiegano che si tratta di fiducia venuta improvvisamente meno, fornendo la traccia di ciò che trova conferme, ovviamente non ufficiali, più tardi a Palazzo di giustizia. Occhiuto avrebbe scoperto presunte irregolarità in alcuni procedimenti trattati dall’ormai ex capo della sua segreteria. Roba importante si dice, anche se i confini dei supposti illeciti lamentati dal primo cittadino non vengono definiti. Si tratterebbe, comunque, di elementi irregolari che avrebbero convinto il sindaco a revocare d’urgenza l’incarico a Cirò e, in sostanza, a mettere una pietra tombale su un rapporto notoriamente non solo istituzionale tra due vecchi amici. «Non avevamo percepito frizioni tra i due. Erano amici, dentro e fuori le stanze del Comune. Davvero non sappiamo cosa sia accaduto tra i due, non conosciamo la vicenda». A Palazzo dei Bruzi non ci sono testimoni oculari. Il chiarimento, ammesso che ci sia stato, potrebbe non essere avvenuto in Municipio. Ma quali sarebbero stati gli ambiti di competenza di Cirò? Un po’ tutti. E tutti affrontati godendo della piena fiducia del suo “capo”. È probabile che Occhiuto possa aver allegato alla sua denuncia le carte “sospette” che costituirebbero la prova del presunto atto d’infedeltà consumato nelle stanze del potere. È possibile, ma non è certo. Inquietanti omissioni o superficiali valutazioni? Lo scenario è tutto da esplorare. L’ascesa e la caduta di Giuseppe Cirò sembrano incastrarsi nello scenario controverso che sta prendendo forma da mesi a Cosenza. Una città che vive da mesi in apnea nell’attesa che qualcosa succeda. Ci sono voci insistenti che si rincorrono, voci di inchieste su politici, di fascicoli scottanti nelle mani della Dda di Catanzaro, di manette pronte a stringersi ai polsi di personaggi eccellenti. Voci che alimentano il clima di tensione e dividono inevitabilmente Cosenza e i cosentini in amici e nemici, in buoni e cattivi.
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