Il ticchettio d’una vecchia sveglia segna il tempo nell’appartamento immerso in un irreale silenzio. Il palazzo d’edilizia semplice, al civico 5 di via Lucania, custodisce le tracce di un’aggressione furibonda e feroce. In una stanza da letto di appena venti metri quadri una chiazza di sangue segna il punto in cui Elisa Amendola, operatrice scolastica sessantenne, ha rischiato d’essere decapitata. Il figlio, Valentino, 35 anni l’ha prima massacrata con pugni e schiaffi provocandole fratture al setto nasale ed al cranio (in area parietale e frontale) e poi ha tentato di scannarla, segandole il collo con un coltellaccio da cucina. La donna, sotto l’incedere della furia del congiunto ha reclinato la testa e questo involontario movimento le ha salvato la vita. Già, perché il trentacinquenne ha mollato la presa ritenendo che fosse ormai morta e l’azione dinamica dei muscoli ha limitato la vasta emorragia provocata dai tagli della lama seghettata. Valentino Amendola ha quindi lasciato l’abitazione in cui viveva con la madre e ha raggiunto la casa di un conoscente. Erano le 3,30 del mattino: ha suonato e fatto scendere l’amico al quale senza mostrare apparente rimorso ha detto: «Ho fatto una cavolata, ho scannato mia madre!». L’amico, rimasto letteralmente basito, lo ha invitato a ritornare su suoi passi accompagnandolo verso l’appartamento. Poi ha allertato il 113. Gli agenti della squadra volante, diretti dal vicequestore Cataldo Pignataro e dal commissario capo Giuseppe Massaro, sono arrivati in pochi minuti facendo subito irruzione nel plesso abitativo. Elisa Amendola è stata trovata agonizzante. I medici del 118 – allertati dalla Polizia – l’hanno trasportata in ospedale dove è stata sottoposta, nel volgere di poche ore, a due distinti interventi chirurgici. Al momento è ricoverata in Rianimazione: la prognosi è riservata e le sue condizioni appaiono disperate. Valentino Amendola è stato bloccato e trasferito in Questura. Gli investigatori della Mobile, guidati dal vicequestore Giuseppe Zanfini e dal commissario capo Francesco Falcone, in accordo con i colleghi della Volante, hanno avviato le indagini culminate, intorno alle 9,30 del mattino, nell’arresto del trentacinquenne con l’accusa di tentato omicidio. L’inchiesta sull’accaduto viene coordinata dal pm cosentino Giuseppe Visconti. I rapporti tra madre e figlio erano tesi da tempo. Il 4 marzo scorso una pattuglia della Polizia era intervenuta nello stabile di via Lucania a seguito dell’ennesima lite scoppiata tra i due. Nell’occasione i poliziotti avevano denunciato Valentino Amendola per maltrattamenti segnalando il caso alla magistratura. Lo scorso anno per le medesime ragioni era intervenuta una pattuglia dei carabinieri. All’uomo dava fastidio qualsiasi cosa facesse la madre. Pure la circostanza che s’alzasse di notte per andare in bagno. Tutto l’infastidiva e l’irritava. Spesso chiedeva pure soldi alla congiunta che non sempre, tuttavia, appariva accondiscendente. Pure venerdì notte Elisa ha aperto la luce della stanza da letto per raggiungere la cucina. Ed è scattata la furia omicida di Valentino. Che prima l’ha massacrata di botte e, poi, ha deciso d’ucciderla. L’uomo era stato arrestato lo scorso anno dalla polizia per rapina: aveva rubato una bicicletta e quando il proprietario s’era messo a rincorrerlo per riprendersela ha tirato fuori dal giubbotto delle forbici per colpirlo. Finito in manette ad opera della Polizia dopo brevissimo tempo è stato scarcerato. Nel 2003, invece, era stato arrestato dai carabinieri di Castrolibero per spaccio di stupefacenti. Mentre i militari lo stavano mettendo in macchina per portarlo in carcere aveva colpito con una gomitata un maresciallo, finendo poi sott’inchiesta anche per violenza a pubblico ufficiale.
Ieri, dopo aver ridotto la madre in fin di vita, non ha aperto bocca. Né tradito emozioni o sentimenti di rimorso. Una statua di pietra.