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Per l’eredità si era messa a spiare i parenti con le webcam

Per l’eredità si era messa a spiare i parenti con le webcam

Cosenza

L’ossessione per l’eredità è l’incubatore di contrasti familiari che disegnano il copione di una storia di spionaggio domestico con conseguenze giudiziarie. È successo nel Cosentino, in un piccolo centro, dove litigi e sospetti tra figli sarebbero stati frequenti negli ultimi mesi per difendere ciascuno il proprio “pezzo di torta” delle proprietà dei genitori attempati. In questo racconto non ci sono agenti segreti ma c’è solo una spiona improvvisata che vive all’estero, è una delle potenziali eredi, proprietaria di una casa che il padre le aveva fatto costruire nella sua proprietà. Un “dono” identico a quello ricevuto dagli altri fratelli che, invece, vivono stabilmente accanto ai loro “vecchi”. L’ultima volta che la donna aveva messo piede in Italia aveva scoperto un furto nella sua abitazione. Diversi mobili e qualche suppellettile scomparsi e nessuno dei parenti s’era accorto di nulla. E così s’era rivolta ai carabinieri per denunciare il crimine. Ma nonostante la “delega” ai detective dell’“Arma” quella strana razzia le aveva lasciato tanti dubbi. Sospetti che dietro quel “colpo” ci fosse la mano di qualche parente. Ipotizzando trame ai suoi danni, si sarebbe fatta installare un sofisticato sistema di telesorveglianza remota con “Ip cam” per controllare la sua proprietà a distanza. E già che c’era ne avrebbe fatto piazzare un altro in casa degli anziani genitori. Naturalmente, a loro insaputa per captare i dialoghi tra genitori e figli e scoprire le loro reali intenzioni sulle proprietà.

Anche i fratelli e le sorelle della donna sarebbero rimasti all’oscuro del fatto. Attraverso i microfoni e le telecamere comandati a distanza, la donna avrebbe iniziato a controllare servendosi semplicemente dello smartphone i congiunti dalla sua residenza all’estero. Nessuno avrebbe potuto più approfittare delle sue assenze. E in un paio di mesi la “spiona” non si sarebbe limitata solo a sorvegliare la sua abitazione italiana ma avrebbe controllato ogni momento vissuto all’interno della casa paterna e, persino, in giardino da dove i detective telematici della polizia, guidati dal sostituto commissario Tiziana Scarpelli, avrebbero ripescato almeno un paio di apparecchiature. L’incredibile storia di “spiate” in famiglia è venuta a galla quando la donna avrebbe telefonato al genitore per lamentarsi di alcune considerazioni emerse durante un colloquio con un’altra figlia. Un confronto dal quale sarebbe emersa la volontà di escludere proprio lei dall’eredità: «Perchè hai deciso di non prendermi in considerazione, forse non sono pure io sangue del tuo sangue?». Il genitore perplesso e, al tempo stesso, sorpreso avrebbe informato immediatamente gli altri figli: «Sa tutto, qualcuno ha parlato...». Ma qualcuno dei parenti insospettendosi della tempestività della contestazione si sarebbe messo a frugare nella stanza dove c’era stato il confronto con l’anziano genitore rinvenendo una microspia. E così padre e figlia hanno deciso di denunciare la figlia “ficcanaso”, affidandosi all’avvocato Federico Sirimarco. Indagine che ora è giunta al capolinea.

L’inchiesta

La donna è stata smascherata dalla polizia postale che dopo aver rinvenuto i congegni per spiare i parenti è risalita alla titolarità del sistema attraverso indagini telematiche. E, ora, la donna è stata denunciata a piede libero con l’accusa di violazione della privacy. Le microspie avrebbero ripreso, senza l’autorizzazione degli spiati, momenti di vita intima all’interno della casa paterna. E anche il colloquio tra padre e figli per stabilire la divisione dei beni doveva rimanere un fatto riservato e, invece, è stato ascoltato in diretta dall’erede che vive all’estero.

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