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L’imperturbabile boss di Cutro e il business dei videopoker

L’imperturbabile boss di Cutro e il business dei videopoker

I soldi e il gioco. Un tempo erano le “bische clandestine” a sollecitare le attenzioni della criminalità organizzata. A Milano agiva la “banda” di Francis Turatello detto “faccia d’angelo”; a Roma i “ragazzi della Magliana” di Maurizio Abbatino ed Enrico De Pedis; a Napoli e Salerno i camorristi di Raffaele Cutolo; a Palermo i picciotti di Stefano Bontate; a Cosenza gli uomini di Franco Pino; a Reggio i “soldati” di Paolo De Stefano: il gioco d’azzardo, insieme al traffico di droga, garantiva in quel periodo enormi risorse. Poi è cambiato tutto: troppi controlli, troppi blitz degli “sbirri”. Così, le organizzazioni criminali hanno mollato la presa fino a quando non sono arrivate le “macchinette” capaci di garantire, ciascuna, introiti annuali fino a 200.000 euro. Le “macchinette” garantiscono, infatti, l’esercizio di attività di gioco illegale resa possibile – ed occultata – mediante il collegamento, attraverso piattaforme informatiche transnazionali, a siti specializzati in “giochi” non autorizzati. Detto, fatto: con un sinergico accordo tra consorterie delinquenziali e cosche mafiose è stata lanciata la campagna di colonizzazione della Penisola. Tremila di questi diabolici strumenti sono stati, in pochi mesi, piazzati in esercizi pubblici di tutta Italia. Al centro del mastodontico affare Dorino Rocco Stefanutti l’ex puguile e braccio destro del boss lucano, Renato Martorano, ora detenuto per l’omicidio di un rivale potentino, Donato Abbruzzese, avvenuto nel 2013; Nicolino Grande Aracri, boss di prima grandezza della ‘ndrangheta, detto “manu i gumma”, originario di Cutro e con vasti interessi in Emilia Romagna oltre che nel Crotonese, attualmente detenuto in regime di 41 bis; Dominique Scarfone, calabro-pugliese, deceduto prematuramente nel 2015 e, di fatto, proprietario della “Sio srl” società con sede a Casalgrande (Reggio Emilia) e formalmente gestita dai nipoti, Zeno Timpani, originario di Cinquefrondi e Antonio Glorio, nato a Caserta ma residente a Toano (Reggio Emilia), entrambi assegnati ieri agli arresti domiciliari. La società emiliana ha fornito alla organizzazione le “macchinette” da gioco del tipo totem e new slot sprovviste delle necessaria concessione governativa, offrendo assistenza tecnica, commerciale e legale agli esercenti ed agli addetti al noleggio. I malavitosi lucani, guidati da Stefanutti, per ampliare il loro raggio di azione avrebbero stretto un patto con Grande Aracri. Il 23 luglio del 2012, infatti, sono andati a far visita al superboss a Cutro, ignari d’essere intercettati e fotografati. Nel feudo di “don Nicolino” stabiliscono di organizzare, in collaborazione, diverse attività imprenditoriali: dalla installazione di impianti eolici per la quale discutono del trasporto delle attrezzature fino alle “macchinette”. I lucani assicurano, in tal senso, i compari calabresi che l’attività di noleggio e installazione dei “totem” garantisce introiti significativi: «Senza anticipare soldi, sulla vincita si prende il 30 per cento...». Con Grande Aracri ci sono Francesco Mauro e Salvatore Gerace, il primo di Petilia Policastro, l’altro di Cutro (da ieri sono agli arresti domiciliari). Un altro summit si terrà, sempre in casa del boss cutrese il 19 settembre dello stesso anno, mentre i colloqui telefonici tra i rappresentanti dei vari gruppi saranno decine. A Cutro si recherà pure, il 25 gennaio del 2014, Dominique Scarfone, a capo della compagine societaria attiva nella terra della piadina e delle mazurke e vera “mente” di tutto il business. Fatto l’accordo parte la macchina operativa. Il gruppo, attraverso le propaggini societarie e gli “agenti, noleggiatori e sub agenti” fornisce le macchinette, le installa, ne effettua la manutenzione, aggiorna e rende operativi i borsellini elettronici, attiva i giochi e li aggiorna, contabilizza i flussi di gioco anche per la ripartizione dei proventi tra le persone a vario titolo coinvolte, assicura un accurato servizio “porta a porta” per le riscossioni e predispone false perizie preventive sulla legalità degli apparecchi. I soldi entrano a palate da ogni angolo d’Italia. Senza che i boss calabresi e lucani muovano un dito. Basta pronunciare i loro nomi per mettere a posto i “maleducati”...

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