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Imprese sotto assedio dei clan
Il racket vuole la rata di Pasqua

Imprese sotto assedio dei clanIl racket vuole la rata di Pasqua

Il linguaggio del racket è fatto di segni ed è scandito da bottiglie incendiarie e pallottole. Promemoria per imprenditori e titolari delle attività commerciali per ricordarsi di versare la “rata di Pasqua”. La raccolta è già cominciata. Coi boss in carcere si muovono i “reggipanza” a piede libero. C’è da rastrellare i soldi per le spese legali e gli stipendi da pagare alle famiglie dei detenuti. E, naturalmente, per corrispondere il mensile a tutti gli altri affiliati. Servono denari, tanti denari. Perciò, non c’è angolo di questa sterminata area urbana che non sia sotto assedio. Di notte si muovono i balordi, annusano le scie che lasciano i quattrini. Vanno a colpo sicuro. Colpiscono e spariscono.

Anche chi non è stato raggiunto direttamente capirà che dovrà provvedere a “mettersi a posto”, a versare il “fiore” agli amici. Funziona più o meno così: gli operatori economici sanno benissimo come si fa, parlano tra di loro, chiedono a chi dovranno rivolgersi per stare tranquilli. E saranno proprio loro a cercare gli “amici” e “amici degli amici” per andarsi a comprare la serenità. L’ultima azienda finita nel mirino dei clan è una ditte edile, la “Perri”, di contrada Cristarello. Due giovani si sono introdotti nel locale uffici e hanno tentato di scatenare l’inferno dando fuoco a un armadietto. Un blitz che non ha, evidentemente, avuto l’epilogo sperato da parte dei balordi perchè un parente si è svegliato mettendo in fuga i due e impegnandosi a spegnere il rogo. Le prime indagini sono state condotte dai detective della Volante, guidati dal vicequestore Cataldo Pignataro. Adesso il fascicolo è nelle mani del capo della Mobile, il vicequestore Giuseppe Zanfini.

Il senso dell’irruzione notturna nell’azienda edile è quello di ricordare alla classe imprenditoriale locale che a Pasqua devono mangiare tutti. I titolari della ditta finita nel mirino del racket del “pizzo” hanno negato di essere stati precedentemente “avvertiti”. E non possono escludere però che qualcuno presto si presenterà da loro per riscuotere il “contributo” per gli “amici”. Denaro che finirà nella bacinella del clan degli zingari, la famiglia che comanda sulla città. L’obbligo di assistenza a mogli e figli dei detenuti è inderogabile come lo sono, del resto, le spese processuali. Si tratta di elementi costituenti la grammatica della ’ndrangheta, doveri fondamentali per gli associati. E così diventa determinante andare all’incasso, riscuotere quello che si può in tempi di crisi, comunque il massimo possibile. Tutte le attività, chi prima chi dopo, finiscono così per sistemarsi versando la “quota”. (gi.pas.)

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