Un “mostro”. Partorito dopo l’unità d’Italia quando la classe dirigente, stringendo i primi accordi elettorali, legittimò una criminalità fino a quel momento senza rapporti diretti con il potere. Nicola Gratteri parla agli studenti dell’Unical della evoluzione della mafia calabrese. Nell’aula “Caldora” ci sono quattrocento persone e il rettore Gino Mirocle Crisci. Il tema del rapporto tra le cosche e la politica appare centrale in una provincia in cui due comuni, in passato, sono stati sciolti per infiltrazioni mafiose e altri due sono attualmente sotto la lente di ingrandimento delle Commissioni di accesso nominate dal prefetto Gianfranco Tomao. La legge sullo scioglimento delle assemblee municipali non convince tuttavia fino in fondo il procuratore capo di Catanzaro. «Sciogliere i consigli non basta» afferma Gratteri «occorre pensare a strumenti che consentano anche la rimozione dei dirigenti o dei tecnici che appaiono funzionali agli interessi delle consorterie, altrimenti l’intervento rischia di essere monco e parizialmente efficace».
Il magistrato antimafia parla pure delle nuove frontiere del business criminale legate al mondo dei migranti. E ripercorre le fasi dell’operazione che ha portato all’arresto del parroco di Isola Capo Rizzuto, don Edoardo Scordio e dell’ex vicepresidente della “Misericordia” Leonardo Sacco. L’inchiesta giudiziaria ha riguardato la gestione del C.A.R.A. allestito in quell’area della regione. «È una storia quella del Centro di accoglienza che andava avanti da molti anni e rispetto alla quale la Prefettura di Crotone non ha esercitato una adeguata vigilanza. Guardando le immagini che ritraevano i migranti lasciati senza cibo ho provato una sensazione sgradevole ed ho sentito un moto di rabbia come quando si assiste alla consumazione di un reato compiuto nei confronti di un bambino». Gratteri spiega pure: «La cosca Arena è riuscita ad infiltrarsi grazie alla complicità assicurata da personaggi apparentemente insospettabili». Il procuratore di Catanzaro inneggia, poi, all’azione svolta da Papa Francesco. «Nel giugno del 2014 Jorge Bergoglio ha segnato uno spartiacque nel rapporto tra una parte della chiesa e i boss mafiosi. Quando, abbandonando il testo ufficiale del discorso che doveva pronunciare a Sibari, li ha scomunicati. Nessuno, mai, aveva assunto un atteggiamento del genere. Da quel giorno – ha continuato Gratteri – viene impedito ai boss di strumentalizzare la religione. È finita l’epoca delle processioni che si fermavano davanti alle abitazioni dei capi dei vari clan e delle donazioni fatte pubblicamente alle parrocchie. Non solo: grazie all’operazione “Crimine” del 2010 abbiamo documentato in modo inconfutabile, attraverso filmati, che davanti al Santuario di Polsi i maggiorenti delle ‘ndrine si riunivano per eleggere il cosiddetto “capo crimine”.».
Infine l’accenno alla ventilata scarcerazione di Riina. «Certa gente deve rimanere in carcere, uno come Riina comanda pure con gli occhi. La sua presenza fisica in un posto è già esternazione di potere»: Nicola Gratteri commenta senza fronzoli la notizia secondo cui la Corte di Cassazione sembrerebbe orientata a concedere una limitata libertà al capo dei corleonesi affetto da una grave malattia, perchè possa morire dignitosamente a casa. «Non bisogna dimenticare che ci sono tanti ragazzi rimasti senza padre – afferma il magistrato antimafia – a causa di quest’uomo. E mentre i figli dei mafiosi possono andare a trovare i loro genitori in carcere, gli altri, i figli delle vittime, li hanno persi per sempre». E poi aggiunge: «È inutili altrimenti celebrare ipocritamente il ricordo di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino». Il rettore Crisci mostra la sua approvazione.
Il procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, ha partecipato ieri ad un incontro organizzato nell’aula “Caldora” dell’Unical per parlare della evoluzione della ’ndrangheta. Accanto al magistrato, il magnifico rettore Gino Mirocle Crisci, Danilo Guaragna in rappresentanza dell’Associazione degli studenti di Ingegneria e Filomena Guaragna, presidente del Rotaract di Rende. Gratteri non ha deluso le attese delle circa quattrocento persone che hanno affollato l’aula. Il magistrato antimafia ha parlato del nuovo impegno assunto dalla Chiesa contro le cosche con l’avvento di papa Francesco, degli interessi della criminalità organizzata nel settore dei migranti e dei legami sempre più stabili instaurati dai padrini calabresi con il mondo della politica. Il procuratore di Catanzaro ha pure parlato della legge sullo scioglimento dei consigli comunali e della importanza del grado mafioso della “Santa” assunta dagli anni 70 in avanti. «Si tratta di una posizione gerarchica che ha consentito a taluni boss di entrare a far parte delle logge massoniche deviate stabilendo così rapporti stabili con il mondo istituzionale e dell’imprenditoria»
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