Riprendersi la vita, essendo quello che si è: persone. Ecco il significato più puro del primo Pride della città dei Bruzi. Non solo per i diritti della comunità gay ma per i diritti di tutti. Esigenze di “volo”, quelle dei cosentini, per vivere il cielo e guardare giù, terra e mare, scegliendo di de-costruire il mondo, sotto l’insegna luminosa dell’orgoglio e della libertà.
Ieri, Cosenza si è unita per dare forza a chi «durante l’anno non può vivere nella sua totalità la propria serenità e omosessualità. La speranza – ha affermato la presidente Eos Arci Gay Cs Lavinia Durantini – è che questi Pride, un giorno, possano non esserci più e “noi” essere finalmente “liberi” e, appunto, noi stessi».
Una festa di pace e fierezza, per l’uguaglianza, contro ogni forma di razzismo, discriminazione, violenza e ingiustizia sociale.
“Tutto un altro spettacolo”. Una marcia politico-poetica. Tanti mesi di lavoro intenso e anni d’impegno civile culminati in una giornata memorabile, storica.
La parata da Piazza Loreto ha attraversato tutta la città e si è conclusa a Piazza Amendola, luogo simbolico per la comunità Lgbtqi cosentina: «Punto di partenza di tutto, dove prima ci si incontrava nascosti dal buio e dalla paura stavolta si è arrivati alla luce del sole».
Struggenti e aggreganti i momenti artistici come, ad esempio, la performance della cantante Verdiana Zangaro.
Le forze dell’ordine hanno tutelato i cittadini per tutto il tempo.
A precedere la marcia, in questi mesi, un intenso programma di appuntamenti i cui temi cardine sono stati libertà, orgoglio, giustizia sociale, cittadinanza, solidarietà, equità e dignità.
È stato alzato il livello della lotta con un documento politico pratico che ha abbracciato la richiesta della città, ormai da tempo matura.
Federico Cerminara, co-autore del documento e storico militante queer, ha guidato il corteo insieme alla presidente Eos Arci Gay Cs Lavinia Durantini, a tutto il movimento e alla giornalista e attivista Carla Monteforte, trascinante come sempre, straordinaria interprete di un sentimento universale, quello della libertà individuale, capace di divenire collettiva e, con consapevolezza, necessaria per ritornate rafforzati a sé stessi e al cosmo.
Migliaia le persone accorse. In maniera variegata, presente tutta la cittadinanza ma non solo. Numerose le famiglie e le associazioni, gli Enti, gli artisti, esponenti della politica. Presenti anche due “sposini” eterosessuali, che, subito dopo le nozze, hanno deciso di festeggiare il proprio matrimonio al Pride.
Tutti, non sono voluti mancare con il faro dei sette punti cardine dell’evento che hanno tratto ispirazione dall'acronimo PrideCs: prevenzione, rivendicazione, identità, difesa/diffusione, educazione, comunicazione e servizi.
Più che mai tangibile la percezione di una necessità della manifestazione che ha testimoniato il bisogno di riscatto, non solo della comunità omoaffettiva locale ma anche di tutti i cittadini che quotidianamente si battono per i diritti civili di chi diritti non ne ha.
La giornata di festa è stata, inoltre, un momento celebrativo della storia lgbti ma anche un significativo punto di partenza per nuovi orizzonti “colorati”.
Suggestivi sorrisi che sono andati incontro allo stupore dei cinici e bandiere variopinte ma anche le caratteristiche magliette di “T-squirt”, con il logo della manifestazione, il lupo, simbolo della città e della Cosenza sportiva, ideato con i colori della bandiera arcobaleno, quelli dell’orgoglio gay, da Achille Monteforte. Un lupo rappresentativo inoltre per «la voglia di fare comunità attraverso il coraggio e l’accoglienza e per i molteplici significati legati alla sua figura, il tutto contro i pregiudizi» hanno affermato gli organizzatori.
Messaggi di vicinanza, specie dai tanti collegamenti “social”, da ogni dove, specie chi non è riuscito a raggiungere la città dei Bruzi, perché “fuori sede”.
La storica giornata si è conclusa al Rialzo, dove si è festeggiato tutta la notte con “Alluparty. Perdi il pelo, ma non il vizio”, la musica dei migliori dj calabresi, pronti a testimoniare che, grazie alla partecipazione, “niente ha più realtà del sogno”.
«La speranza è che questi Pride, un giorno, possano non esserci più e “noi” essere “liberi” e, appunto, noi stessi».