Una storia d’amore e di altruismo. Di valori universali e di famiglia. Una storia pure di coraggio e di fede. Giuseppe Vercillo, 49 anni, da più di un anno viveva in dialisi a causa di gravi problemi ai reni. La sua vita di medico in servizio nel presidio “Regina Elena” di Roma, in pochi mesi era diventata un inferno. Nel senso che il professionista, nato e cresciuto nella nostra città, subiva un ricatto fisico e dell’anima perché costretto a vivere schiavo della “macchine” che consentono ai dializzati di sopravvivere. Per Giuseppe non c’era speranza di ritornare alla normalità se non attraverso un trapianto. Lui, da medico, ne era ben cosciente prima che i colleghi d’ospedale glielo dicessero a muso duro. Che fare? Disporre di un organo sano in tempi ragionevoli è difficile per mancanza di donatori. Nella nostra cultura la donazione è infatti ancora lontana dal far breccia. Così, appena i fratelli Ginevra, Marina e Fabio sono stati informati della situazione sono corsi nella Capitale per sottoporsi, tutti e tre, alle cosiddette prove di compatibilità. Il risultato della verifica medica è stato che Marina, 50 anni, biologa, due figli non ancora adulti, era quella più idonea a donare il rene a Giuseppe. E lei non ci ha pensato un attimo. Pur sapendo dei rischi operatori e del futuro comunque meno “liscio” che l’attendeva, s’è sottoposta all’intervento di prelievo compiendo un gesto commovente e straordinario. «L’amore si espande ed è meraviglioso» ripeteva Natuzza Evolo, mistica di Paravati in odore di santità. E così è stato per Marina e Giuseppe. Basta incontrare il volto di nuovo sorridente e luminoso del quarantonevenne medico per capirlo. Oppure ascoltare le parole della sorella: «Il mio gesto non ha nulla di straordinario. Ho fatto quello che è giusto – spiega la donna – ricevendo solo gioia. Mi sento piena di gioia ed ho capito che l’amore diffonde amore. Questo è il principio che ho imparato donando un organo a mio fratello. Un principio che vale per tutti gli uomini qualunque sia la loro fede religiosa. Giuseppe ora rivive, sorride ed ha speranza ed io sono felice. La vita, adesso, ha per me un altro significato. Ricevo messaggi da gente che non conosco e, ogni volta, penso a quanto l’amore possa essere contagioso. Io posso continuare a vivere e, con me, mio fratello. Questo è quello che conta». Vi abbiamo raccontato questa storia perché ciascuno di voi possa pensare quanto sia importante amare gli altri, rifuggire gli egoismi, bandire il cinismo e l’arroganza. E quanto indispensabile sia donare gli organi. Marina ci ha dato una bella lezione.