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Quella grande antenna diventa simbolo della città dei Bruzi

Quella grande antenna diventa simbolo della città dei Bruzi

Bisognerebbe scriverci un romanzo su quel ponte con quell’antenna visibile ormai dai quattro punti cardinali. L’hanno tirato su, nel tardo pomeriggio di ieri, quel pennone, bianco come la neve, al quale andranno agganciate (simulando le corde di un’arpa) le funi d’acciaio alle quali l’illustre progettista spagnolo, Santiago Calatrava Valls, ha affidato il compito di reggere la campata, parallela al ponte Europa e al ponte Alarico, che unirà le sponde del Crati. Bisognerebbe farla ritrarre da un impressionista – che di fotografie ormai n’è pieno dappertutto: sui social è un gran fiorire – ed esporla in un museo abbastanza rinomato quell’opera voluta lì, in quel posto preciso, dalla mente visionaria di Giacomo Mancini, e poi corteggiata nei programmi dei successivi sindaci e portata fino a questo punto da Mario Occhiuto che avrebbe anche l’ambizione di tagliare il nastro e di vedervi transitare la prima auto su quella strada sospesa sul Crati che in questo periodo si trasforma in una sorta di rigagnolo. Quel ponte con quel nome altisonante avrà l’arduo compito (a patto di completare pure il planetario) di traghettare, almeno formalmente, fuori dal ghetto un’ampia zona della città dei Bruzi. Chi vivrà, vedrà: l’ottimismo è una gran virtù ma la cautela lo è altrettanto.

Tutti col naso in su, quindi: a osservare la punta di quella spada issata a toccare le nuvole e a sfidare i venti. Sarà che era domenica, sarà che il centro era svuotato, ma a chi, per sbaglio, s’è trovato a transitare nelle vie Catanzaro, Alarico, San Francesco e via Sant’Antonio dell’Orto, gli è sembrato di trovarsi in una sorta di fiera di San Giuseppe fuori stagione. Sul ponte di Alarico c’era anche un filo di musica jazz ad allietare l’attesa dell’evento. Cineoperatori professionisti e amatoriali, fotografi della domenica ed esperti di selfie: tutti lì, sul ponte antico ad attendere il momento in cui quelle tonnellate d’acciaio – quei dodici conci, tenuti insieme da bulloni e saldature, (realizzati nelle officine friulane della Cimolai e assemblati nel cantiere di via Reggio Calabria) – sfidando le leggi della gravità si fossero mosse fino ad assumere la posizione giusta. Tutti lì, come a un concerto – tra i presenti anche il sindaco del capoluogo di Regione Sergio Abramo, la cui città conserverà ancora a lungo il primato del ponte più alto a un’unica campata – a seguire l’evento e, si presume, a rendere omaggio al suo collega bruzio.

«La città si trasforma come un grande organismo vivente che interagisce in un contesto condiviso. Lavoriamo ogni giorno affinché questo processo possa svilupparsi verso ciò che è bello ma soprattutto buono». Sono state queste le parole con cui il sindaco Mario Occhiuto ha annunciato l’evento attraverso il quale, è stato sottolineato in una nota dell’ufficio stampa di Palazzo dei Bruzi, «la città prenderà visivamente coscienza di un’opera che contribuirà, e non poco, a cambiarne il volto». Ieri, quindi è stata issata l'imponente antenna di circa 104 metri per 800 tonnellate di peso, che fa dell'opera il più alto ponte d'Europa, del genere strallato, cioè in cui l'impalcato è retto da una serie di cavi, gli stralli, ancorati a piloni di sostegno.

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