L’ossessione era un male oscuro che viaggiava da tempo in bassa frequenza nella mente di un uomo ossessionato dalla gelosia. Un tipo violento, Homed Es Sahal, marocchino trentaduenne, che viveva con rabbia il distacco dalla sua compagna italiana. Una donna che aveva deciso di staccare la spina a quel rapporto dopo mesi di botte e di soprusi di ogni genere. La malcapitata, però, non avrebbe mai immaginato che, troncando quella relazione sentimentale, si sarebbe ritrovata imprigionata nella disperazione di atti persecutori regolarmente denunciati. Una metastasi passionale che avrebbe fatto da incubatore all’omicidio di Aldo Miceli, 62 anni, origini cosentine, che viveva a Nettuno, nell’area metropolitana della Capitale. Un delitto che ha fatto sprofondare tragicamente il sipario su una tormentata storia d’amore e di violenze, interrompendo il corso della vita dell’uomo che, suo malgrado, era diventato una minaccia in mezzo agli incubi che infestavano lamente del magrebino. Miceli è stato ucciso, massacrato a una fermata del bus, a Tor San Lorenzo, quartiere ghetto della costa laziale, una babele in mezzo al degrado di una vita da schifo. Il sessantaduenne cosentino è finito in mezzo a quelle sacche multietniche che trasudano vapori fetidi ed è stato affrontato, tra il 6 e il 7 novembre, da Es Sahal, e da un “compare” bosniaco, Senahid Sejdovic, 37 anni, entrambi noti negli ambienti investigativi. I due sono stati sottoposti a fermo dagli agenti del Commissariato di Anzio con l’accusa di concorso in omicidio premeditato, aggravato dai futili motivi e rapina aggravata.
Era stato proprio il marocchino a lanciare l’allarme con alcune telefonate ai familiari di Miceli: «Ho riempito di botte il vostro congiunto... adesso è sua una panchina a Tor San Lorenzo... l’ho fatto perchè si è intromesso tra me e la mia donna...». E i congiunti l’avevano trovato agonizzante proprio lì. Immediatamente avevano lanciato il disperato allarme. Aldo Miceli era stato trasferito in ambulanza in ospedale dove, poco dopo, erano giunti i detective del vicequestore Adele Picariello. Il sessantaduenne, però, è morto dopo sabato, nonostante il disperato tentativo dei sanitari di salvarlo. Troppo gravi i traumi riportati nell’aggressione. I detective del Commissariato di Anzio hanno cominciato a indagare interrogando una serie di testimoni, compresa la donna contesa. Proprio lei, ha confermato d’essere stata legata per pochi mesi al marocchino e d’averlo lasciato a causa del suo comportamento violento. E ora temeva la sua rabbia. Per questo aveva chiesto a Miceli d’accompagnarla. L’uomo ha pagato con la vita questa sua generosità. I poliziotti hanno utilizzato come riscontro anche alcune immagini di impianti di videosorveglianza che mostravano i due stranieri insieme e sporchi di sangue subito dopo il pestaggio.