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Ecco perché Denis era già morto

ArchiviatA l'inchiesta sulla morte di Denis Bergamini

L’“arma” era una sciarpa o, forse, un cuscino. Uno era l’assassino e almeno un paio i complici. La vittima, un calciatore professionista di ventisette anni. La perizia dopo ventotto anni inchioda a un nuovo scenario investigativo il giallo Bergamini. La terza inchiesta è ripartita in mezzo a una serie di ipotesi investigative (omicidio volontario e premeditato) e ad alcune certezze scientifiche (morte per soffocamento). Conclusioni valorizzate nella superconsulenza disposta dal gip di Castrovillari, Teresa Reggio. Le carte del dossier medico-legale ridisegnano, innanzitutto, lo schema della “scena del crimine” con qualche variazione rispetto alla prima autopsia eseguita, nel 1990, sul cadavere di Denis Bergamini, dal professor Francesco Maria Avato. Diverso, ad esempio, è l’emilato interessato dai traumi: nel primo accertamento era stato indicato il fianco destro, oggi, invece, viene chiaramente interessato quello di sinistra. Il corpo di Denis, però, non sarebbe stato trascinato sull’asfalto. Sui resti mortali di Denis mancano i segni sia a livello cutaneo che sugli indumenti. E non sarebbero stati trovate prove compatibili con un rtio violento tra persona e camion. Ma l’elemento che offre al capo dei pm di Castrovillari, Eugenio Facciolla, lo spunto investigativo da approfondire sulla via della verità è la posizione del cadavere. Un elemento che confermerebbe il decesso antecedente allo schiacciamento. Insomma, Bergamini era già morto prima di essere schiacciato. Lo dicono i superconsulenti del gip Reggio, ci crede il procuratore Facciolla, ne sono convinti la sorella del calciatore, Donata, e il suo legale, l’avvocato Fabio Anselmo. Un omicidio apparentemente senza movente. La pietra angolare di questa inchiesta è una donna, Isabella Internò. Nel 1989 era la fidanzatina di Bergamini e quella sera, a Roseto Capo Spulico, era con lui. Da sola? Probabilmente no, per il procuratore Facciolla. Bergamini e la Internò erano partiti da soli da Cosenza, questo sì. Poi, però, qualcuno li avrebbe raggiunti per un “chiarimento”. Direttamente a Roseto o in un altro luogo? Prima di questa inchiesta ce n’era stata un’altra che aveva provato a riempire i troppi vuoti della frettolosa indagine del 1989, con testimoni mai ascoltati e reperti mai cercati. Furono raccolti sospetti vaghi, sussurri non riscontrati, elementi inconsistenti che ebbero come sbocco naturale la decisione della Procura di chiedere l’archiviazione. Stavolta, però, sembra esserci altro. E c’è, soprattutto, una testimone a sorpresa che nel 1989 aveva scritto una lettera alla famiglia Bergamini. Una “prova” esibita nel corso della trasmissione televisiva “Quarto grado”. L’autrice sarebbe una donna che si definisce «unica fidanzata di Bergamini» a cui il calciatore aveva ufficialmente chiesto la mano. Un amore segreto, da svelare solo al momento del matrimonio. E poi quello spunto che potrebbe servire ad accelerare le investigazioni: «Qualcuno mi vuole male. Ma l’unico torto che posso aver fatto è stato quando ho lasciato Isabella. Ricordati, qui siamo nel meridione e per qualcuno potrebbe essere stato un brutto affronto». Un retroscena sentimentale sconosciuto, la trama della staffetta amorosa mai setacciata prima. Un nuovo mistero in una inchiesta che sembra non finire mai.

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