È ancora presto, ma le pattuglie dei vigili urbani bloccano già le strade che portano al “Rendano”. Il primo vento gelido sferza piazza XV marzo, illuminata a giorno da due potenti fari: ai piedi della statua di Bernardino Telesio, Dario Brunori (cantautore calabrese) gira un video televisivo «canzoni che parlano d’amore, di che altro vuoi parlare, che se ti guardi intorno non c’è niente da cantare».
Sulle scale del teatro, s’alza un lamento: «Che dispiegamento di forze, sembra l’ex Jugoslavia e a mio fratello che ha un tumore vogliono togliere la pensione». La telecamera sistemata all’interno del “ridotto” proietta immagini nella buvette (se qualcuno non dovesse trovare posto). «Lo facciamo ogni volta che arrivano i “capoccioni”, in senso buono, visto che sono i “capi” del Paese» spiega con distacco un dipendente.
Mentre l’obiettivo inquadra le poltrone di velluto rosso che cominciano a essere occupate, il ministro dei Beni culturali visita – sotto l’ala protettrice del vescovo Nolè – il museo diocesano. Davanti al vescovado, il comitato “piazza piccola” è venuto a dire a Franceschini che il centro storico di Cosenza è tutto uno sfasciume. «Al mio cenno, fai entrare una piccola delegazione», dice il questore Conticchio a un agente. Pochi minuti e nel salone degli Stemmi riecheggiano le parole scritte da un sedicenne che vive nel quartiere di Santa Lucia. Il ministro è lì che ascolta. «Non siamo meno fortunati dei ragazzi che stanno altrove, solo non fateci vivere e giocare tra il degrado e la spazzatura».