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Niente tv in cella per il boss al 41 bis

Niente tv in cella per il boss al 41 bis

Per la Cassazione il boss Vincenzo Forastefano non ha diritto alla televisione in cella. Il cassanese 44enne, arrestato nel 2008 dai carabinieri e condannato in via definitiva a 24 anni, indicato come uno dei capi della cosca di famiglia, ha fatto ricorso poiché, a suo dire, sarebbe stato violato «il diritto all’informazione, segnatamente l’asserito inibito accesso all’informazione televisiva». Vincenzo Forastefano, recluso al 41 bis nel carcere milanese di Opera, non compra giornali e non ha voluto la radio in cella. Per informarsi su cosa succede nel mondo dalla sua cella vorrebbe un televisore. Il carcere duro, però, stando a quanto prevede la legge, non ammette tivù dietro le sbarre. Già in prima istanza, la corte di Milano aveva ritenuto infondata la richiesta. Stesso orientamento anche per la Cassazione. Per la legge, infatti, «non bisogna confondere il diritto soggettivo con le modalità di esercizio di esso. Il 41 bis non include la dotazione dell’apparecchio televisivo, garantendo e assicurando al detenuto il diritto all’informazione, i colloqui visivi e telefonici con difensori e familiari, il vitto ordinario, il quotidiano monitoraggio sanitario». Vincenzo Forastefano, in pratica, avrebbe a disposizione gli strumenti per informarsi su cosa accade fuori dal carcere. Se non gradisce l’uso della radio o l’acquisto dei giornali non è un problema dei giudici. «Le modalità di esplicazione del diritto – recita la sentenza – restano affidate alle scelte discrezionali dell’amministrazione penitenziaria in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne, che, ove non manifestamente irragionevoli ovvero sostanzialmente inibenti la fruizione del diritto, non sono sindacali in sede giurisdizionale».

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