La testa nel...pallone. I picciotti della ’ndrangheta hanno sempre avuto un debole per il calcio. La gestione delle società sportive offre infatti ai mafiosi il raggiungimento di due obiettivi: l’ostentazione del loro potere attraverso un’attività legale e popolare; la possibilità di poter riciclare denaro oppure ottenere il versamento di “mazzette” sotto forma di sponsor. È accaduto più volte in Calabria ma nessuno immaginava che potesse accadere nella lontana e “civilissima” Asti.
La magistratura inquirente antimafia piemontese contesta alle ’ndrine degli Emma, degli Stambè e dei Catarisano di aver acquisito in maniera diretta e indiretta la gestione dell’Unione sportiva Costigliole d’Asti e dell’Unione sportiva “Motta Piccola California”, dirimendo i contrasti tra i dirigenti ed imponendo le proprie direttive e decisioni. Non solo: i calabresi avrebbero gestito indirettamente l’“Asti calcio” mediante l’assunzione dei compiti di amministrazione formalmente attribuiti a Giuseppe Catarisano. A parere dei pubblici ministeri torinesi, le cosche avrebbero addirittura usato gli impianti sportivi anche per tenere gli incontri tra associati.
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