Edda e Maria Ida stavano pregando quando comparve l’assassino. Recitavano il Rosario davanti alla lapide di Francesco Attanasio, morto trent’anni prima in un incidente stradale. Quando si girarono a guardarlo, il sicario sfogò la sua pulsione omicida in novanta secondi, usando una pistola calibro 9. Madre e figlia morirono sorprese: non pensavano d’essere condannate ad una fine tanto crudele. Non avevano mai fatto nulla contro il prossimo. Anzi, erano loro in debito con la vita perché serbavano da decenni nel cuore l’immenso dolore cagionato dalla scomparsa prematura di Francesco. Quella mattina d’ottobre pregavano per lui dopo aver rimesso ordine nella cappella di famiglia. Il cimitero di San Lorenzo del Vallo era popolato di gente: il giorno dopo, il primo novembre, come prevede la tradizione, sarebbero cominciate ufficialmente le visite ai defunti. Bisognava ripulire il sepolcro, lucidare la foto incollata al marmo che stava perdendo colore. La canna rovente della pistola cancellò tutto: le preghiere, le intenzioni e il dolore. Edda e Maria ora riposano in due tombe poste accanto al loro “ragazzo”. Lì, in quel camposanto spazzato dal vento alla periferia del paese in cui erano nate e cresciute.
Il verdetto
Per il duplice omicidio di Edda Costabile, 77 anni e della figlia Ida Maria Attanasio, 52, è stato condannato all’ergastolo Luigi Galizia, 38 anni, di San Lorenzo del Vallo. La Corte di assise di Cosenza, presieduta da Giovanni Garofalo, l’ha ritenuto responsabile del crimine compiuto in ossequio alla barbara “legge” della vendetta privata. Una “legge” che in Calabria ha fatto nell’ultimo secolo un migliaio di vittime. I giudici togati e popolari hanno ritenuto provate le accuse mosse dal procuratore capo di Castrovillari, Eugenio Facciolla e dai pm Valentina Traetta e Giulia Rana. A nulla sono valse le appassionate arringhe difensive degli avvocati Cesare Badolato e Francesco Boccia. Gli indizi raccolti dalla magistratura inquirente, la mancanza di un movente alternativo, la condotta tenuta dall’imputato nella immediatezza del fatto di sangue, hanno convinto la Corte che Galizia fosse responsabile della spietata esecuzione. La condanna del trentottenne alla pena di ragione era stata pure sollecitata dagli avvocati di parte civile, Antonio Ingrosso e Vincenzo Formica.
La dinamica
L’assassino, con il volto solo parzialmente travisato, fece fuoco all’impazzata. Edda non ebbe il tempo ad urlare che le scaricò sei pallottole in faccia. Ida, terrorizzata, tentò una disperata fuga lasciando la cappella di famiglia da un’uscita secondaria. L’omicida l’inseguì per una ventina di metri e la donna, dopo aver perso una scarpa nella folle corsa verso la salvezza, venne raggiunta e giustiziata con due colpi di pistola alla testa.
Il movente
Le vittime non avevano alcuna colpa, pagavano solo il fatto di essere rispettivamente la madre e la sorella di Franco Attanasio junior, agente immobiliare con il pallino degli affari e la passione per il tirassegno sportivo che, il 26 aprile del 2016, aveva ucciso in un appartamento della zona universitaria di Rende il compaesano Damiano Galizia, 31 anni, di cui era debitore per decine di migliaia di euro. Il finanziatore reclamava la restituzione del prestito e Attanasio, al culmine d’un diverbio, l’aveva ammazzato. Poi ne aveva avvolto il corpo in un tappeto ed era scappato. Dopo quattro giorni, preso contatto con la Polizia, aveva fatto ritrovare la salma svelando, quasi contestualmente, l’esistenza di un arsenale celato all’interno d’un garage. Edda e Ida nulla sapevano degli affari del congiunto. La circostanza, però, non è bastata per sottrarle alla “legge” della vendetta. Così si muore in Calabria.
Francesco Attanasio è stato riconosciuto colpevole dell’omicidio di Damiano Galizia avvenuto, per motivi di interesse, nella primavera del 2016 a Rende. Fu l’imputato a far ritrovare il cadavere della vittima. Finito in manette, Attanasio ha successivamente subito una vendetta trasversale perché la mamma e la sorella sono state ammazzate barbaramente il 30 ottobre dello stesso anno nel cimitero di San Lorenzo del Vallo.
Attanasio, che porta il nome del fratello morto in un incidente stradale trent’anni fa, è stato condannato al carcere a vita, nei mesi scorsi, dal Gup di Cosenza, Giuseppe Greco. L’uomo si trova ora recluso nel penitenziario di Reggio e si è costituito parte civile contro Luigi Galizia
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