L’attesa aumenta il desiderio, dicono alcuni. Difficile raccontarlo ai tifosi del Cosenza che hanno subìto diverse umiliazioni negli ultimi 15 anni, esattamente dopo la retrocessione in C1 sul campo, cui ha fatto seguito il fallimento dell’estate 2003 e la ripartenza dalla D. Eppure, ora, dopo la vittoria contro il Siena nella finale playoff di Pescara (Bruccini, Tutino e Baclet, in mezzo il rigore quantomeno dubbio di Marotta), non esiste cittadino della provincia bruzia che non sia orgoglioso di essere rossoblù. Due colori magici, come intonano i supporters da tempo sugli spalti, che fanno venire i brividi. Il rosso di un cuore che batte forte unito al blu dell’immensità del cielo che oggi presenta solo due tonalità.
Sì, il sogno è diventato una splendida realtà, il Cosenza è tornato in serie B, la categoria che, storia alla mano, più gli compete. Un desiderio sussurrato nelle ultime stagioni, anche se mai realizzato, al massimo sfiorato. Tutto successo in una strana annata, iniziata nel peggiore dei modi con la pessima ma breve gestione Fontana, conclusasi in crescendo, grazie alla cura Braglia. L’ultima promozione in B (dopo appena un anno di C1), risaliva al Cosenza di Sonzogni nella stagione ’97-’98. Quello che conta davvero, adesso, è però la bellezza di tale territorio del Mezzogiorno, da molti bistrattato ma capace di unire migliaia di persone sotto l’effige dei lupi della Sila. Un cordone ha legato la tifoseria, dalla Tribuna A alla Curva Sud, da Cosenza a Pescara. Tutto coordinato, piace pensarla così, da una regia d’eccezione guidata dall’alto; in primis da Gigi Marulla, colui che all’Adriatico (dal 2009 “Giovanni Cornacchia”), il 26 giugno 1991, regalò la permanenza tra i cadetti nello spareggio con la Salernitana. Senza dimenticare Bergamini e Catena, scomparsi troppo presto, ma nemmeno i tanti tifosi ai quali non è stato concesso di godere dalla Terra di questa apoteosi ma che avranno spinto i lupi da lassù.
Un attaccamento viscerale per una squadra, una passione che non finisce mai, un autentico amore che si è letto tra i volti, ancora tesi, del dopo-gara, di chi ha vagato, quasi incredulo, per tutta la notte tra i vicoli della città. Da piazza Bilotti fino ad arrivare al centro storico, come d’incanto Cosenza trasformatasi, per una sera, in torcida. Evidente lo spirito di solidarietà tra i componenti di una provincia intera, con la speranza che si possa continuare su questa strada in quanto solo restando uniti si vince e la compagine bruzia ha maturato il successo anche fuori dal campo, riuscendo a regalare emozioni, dai grandi ai più piccini. Non sono (o almeno dovrebbero essere) questi i veri valori dello sport? Più di un Mondiale, al quale l’Italia non sta partecipando, perché Cosenza è Cosenza e la gente, da queste parti, è sanguigna, attaccata alle proprie radici. E allora altro che i trionfi delle grandi di A, la nottata si è tinta di rosso e blu in una marea cosentina che ha contagiato tutti. Un plauso a questa gente verace, alla società con a capo il presidente Guarascio, al ds Trinchera, a una squadra giovane ma composta da uomini veri e plasmata a immagine e somiglianza di un toscanaccio doc, forse principale artefice di questa cavalcata trionfale.