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La Sila era diventata cosa loro

Emergono mancati controlli nei confronti di alcune ditte vicine alle cosche

La Sila era diventata cosa loro

Cosenza

La Sila è ancora quella raccontata da Francesco Oliverio, l’ex “califfo” di San Giovanni in Fiore e di Belvedere Spinello. Un Altopiano dove la puzza della criminalità organizzata contamina l’aria e mette paura. Lassù comanda la ’ndrangheta. In mezzo alla natura incontaminata si mescolano affari sporchi che non sono mai stati solo crotonesi e nemmeno esclusivamente cosentini. Le coppole cercano i soldi che fatturano le industrie del turismo, dei boschi e dell’agricoltura. E come falchi calano affamati sulle loro prede intascando tanti denari. L’ex boss Oliverio ha riempito centinaia di pagine di verbali con trame da brivido. Ha parlato dei cadaveri silani, e ha spiegato l’affare dei boschi che ha sempre permesso ai clan di riempire il loro granaio. Un sistema perfezionato già nel 2005 quando furono avvicinati i fratelli Spadafora. Uno di loro, Pasquale, secondo il pentito, avrebbe scalato anche le gerarchie mafiose acquisendo meriti e gradi. Picciotto, camorrista, sgarrista, c’era sempre una promozione per lui che aveva messo a disposizione della ’ndrangheta la sua azienda. Lavoravano per il clan, occupandosi di stimare il valore degli appalti boschivi e dei terreni a San Giovanni in Fiore. 

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