L'ex albergo "La Perla" passa al comune di Cetraro, vinta la battaglia di Losardo ucciso dalla 'ndrangheta
Una battaglia dimenticata. Cominciata da Giannino Losardo, il consigliere comunale del Partito comunista di Cetraro, assassinato nel giugno del 1980 dalla 'ndrangheta. Una battaglia politica e legale contro la realizzazione su suolo demaniale ed in spregio alle rigide norme che afferiscono al settore edilizio, di una struttura a cinque piani adibita ad albergo costruita nell'area marina di Cetraro. Una battaglia vinta dopo 40 anni con un provvedimento della Direzione regionale dell'Agenzia dei Beni Demaniali con cui l'ex albergo "La Perla" diviene patrimonio dell'Agenzia che lo trasferirà nei prossimi giorni nella disponibilità del comune tirrenico. Losardo denunciò prima di morire quel discutibile intervento edilizio e, in quel medesimo periodo storico, pure la nefasta influenza che, più in generale, la cosca guidata da Franco Muto, inteso come "il re del pesce", esercitava sulla vita amministrativa ed economica di Cetraro. Il consigliere comunista fece denunce pubbliche, portò la questione all'attenzione del consiglio comunale, denunciò pure le azioni di sopraffazione che picciotti e boss consumavano in danno degli operatori commerciali locali. L'uccisione di Losardo è rimasta impunita perché Muto e gli altri coimputati furono assolti con sentenza definitiva. La vicenda dell'ex albergo "La Perla", invece, è stata oggetto di un lunghissimo contenzioso giudiziario conclusosi con una sentenze definitiva emessa dalla Corte di Cassazione il 26 giugno scorso con cui è stato stabilito che il terreno e l'area in cui il plesso alberghiero venne costruito sono di pertinenza pubblica. Lo stabile, perciò, diverrà di proprietà del comune di Cetraro dal 17 dicembre prossimo che potrà destinarlo, magari, ad ospitare una caserma delle forze dell'ordine. Della vicenda della restituzione dell'ex albergo "La Perla" di Cetraro allo Stato si è occupato Antonio Arnoni, oggi funzionario dell'Agenzia del Demanio per la provincia di Cosenza e figlio del defunto procuratore della Repubblica di Paola, Tommaso Arnoni. Un impegno motivato da una spinta umana oltre che professionale perché il funzionario visse la storia di Giannino Losardo da bambino in ragione del fatto che il padre teneva in casa il fascicolo perché nel 1989 assunse il ruolo di capo della magistratura inquirente tirrenica e non abbandonò mai l'idea di poter individuare i responsabili dell'omicidio del consigliere comunale comunista. Il proprietario dello stabile era Sandro Nicastro, fratello dell'ex procuratore della Repubblica di Cosenza, Oreste Nicastro. L'uomo era residente a Santo Domingo, dove è morto nel 2015. Della morte del titolare dell'immobile si è appreso solo cinque anni dopo mentre il ricorso per Cassazione poi vinto dall'Agenzia del Demanio reca la data del 2016 ed è stato avviato quando lo stesso Nicastro era tuttavia già deceduto.