
Sono trascorsi trentadue giorni da quando la retrocessione del Cosenza è stata certificata dalla matematica. Un tempo che sarebbe tornato utile per fare chiarezza e lavorare per il futuro ma anche ammettere le responsabilità insite nell’incapacità di costruire uno straccio di progetto al quale la tifoseria si sarebbe potuta aggrappare. Così non è stato. Il Cosenza ha vissuto gli anni di serie B quasi costantemente con il fiato sul collo. Guarascio, nel comunicato del 14 maggio, ha definito «bellissimi» questi anni. Ma la replica è abbastanza scontata: cosa c’è di così tanto sfavillante in un percorso in cui i Lupi hanno trascorso 175 giornate su 266 relegati agli ultimi cinque posti della classifica? Non sicuramente il massimo vivere per il 65.79% del tempo con l’acqua alla gola.
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