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Che set per il cinema, la Calabria! Si gira tra la Sila e Cosenza il film «Io non ti lascio solo»

Giorgio Pasotti, uno dei protagonisti, conquistato da «una storia tenera e delicata» di amicizia fra due ragazzini. Il regista Fabrizio Cattani parla di bellissima «sfida»

Ormai è diventata un’abitudine. In questi giorni, Cosenza è location di una produzione cinematografica. Grazie al pregevole lavoro della Fondazione Calabria Film Commission, presieduta da Anton Giulio Grande e guidata dal manager Giampaolo Calabrese, il capoluogo bruzio sta ospitando i primi ciak di «Io non ti lascio solo», il nuovo film di Fabrizio Cattani, prodotto da Minerva Pictures, Solaria Film, Ipotesi Cinema e RC Produzione, e tratto dal romanzo omonimo di Gianluca Antoni. Le riprese si svolgeranno per 4 settimane in Calabria e oltre a Cosenza coinvolgeranno Camigliatello Silano, Spezzano, Celico, San Giovanni in Fiore, Rende e Castrolibero.

La pellicola racconta una storia d’amicizia di due adolescenti, un coming of age in cui Filo e Rullo (interpretati da Andrea Matrone e Michael D’Arma), partono di nascosto per cercare Birillo, il cane smarrito dal papà di Filo, un avvocato vedovo interpretato da Giorgio Pasotti, attore, regista, direttore teatrale e cofondatore di una casa di produzione (Wonder Film) che non ha bisogno di presentazioni, e che abbiamo incontrato in una delle rare pause dal girato.

Parlaci un po’ del tuo personaggio, il papà di Filo…
«Sì, è il personaggio di Paride. È un uomo, un padre, un avvocato che è rimasto vedovo, dopo la morte della moglie, e soprattutto ha lasciato un figlio senza madre. Di conseguenza vive in un perenne stato di sensi di colpa, non solo perché la natura gli ha detto male, ma soprattutto perché ha un segreto: suo figlio aveva in realtà un gemello, morto in un incidente del quale lui dà la colpa e la responsabilità al fratello di sua moglie. Questo fratello della moglie, tale Guelfo, lo incontrerà, e cercherà di vendicarsi…».

Com'è nato il tuo coinvolgimento in questo film?
«Fabrizio Cattani, il regista nonché sceneggiatore, mi contattò proprio agli albori, quando il film era ancora un in uno stato pressoché embrionale. C'era il romanzo dal quale è stata tratta la sceneggiatura, ma nient'altro. Fabrizio ha pensato subito a me per il ruolo di Paride. Me lo offrì. Io lessi il copione. Mi innamorai subito di questa storia molto tenera, molto delicata. Sono quei film che ti rimettono in pace con la scelta di aver fatto l’attore. Che portano in dote caratteristiche molto difficili da incontrare oggi in un cinema italiano troppo commerciale».

È la prima volta che vieni a Cosenza?
«Sono venuto diverse volte in Calabria, ho anche girato altri film. E sono venuto a Cosenza, in teatro, tanti anni fa con uno spettacolo di Massimiliano Bruno, “Sogni di una notte di mezza estate”».

Attore, regista, direttore del Teatro Stabile d’Abruzzo e produttore con la Wonder Film: come riesci a conciliare lavoro e vita privata?
«Beh, non ci riesco (ride). E quando ci riesco, ci riesco male. Il peso di questi lavori, che io stesso mi sono cercato, la vita me li fa scontare togliendo spazio al privato. Così, come un equilibrista cerco di essere e di arrivare un po’ ovunque, ma molto spesso non ce la faccio. Il rimedio che ho escogitato è quello di cercare di distribuire le forze e il tempo in maniera più equa. Non è facile, sto ancora imparando».

Ti vedremo prima al cinema, in tv o in teatro? Dacci qualche anticipazione…
«Adesso sono in scena con lo spettacolo di Alessandro Gassmann, “Racconti disumani”, che era il cavallo di battaglia di suo padre Vittorio, che fu uno dei primi a portare Franz Kafka in Italia. E lui finalmente ha avuto il coraggio di rimettere su questo spettacolo. Alessandro alla regia, io attore. Qualche giorno fa, invece, c'è stata la prima di “Settimo grado” che verrà distribuito da TimVision e da Sky per il “cinema piattaforma”. È diretto da Massimo Cappelli, ed è un film molto particolare di un genere non ben definibile, tra dramma, fantasy e thriller. E poi. credo a marzo, inizierò le riprese di un film per la tv che narra la storia di Eugenio Monti, il più grande bobbista italiano. E sarà una pellicola che idealmente aprirà le Olimpiadi invernali di Milano, Cortina 2026. Nel mezzo, non mancheranno regie teatrali di opere liriche. Insomma sarà un 2025 molto molto denso, molto pieno».

A fine giornata ci siamo fermati anche con Fabrizio Cattani, il regista del film sostenuto dalla Fondazione Calabria Film Commission, di cui anche il cineasta ha tessuto le lodi.

È già da qualche anno che Cosenza e la Calabria stanno diventando una prima scelta per molte produzioni cinematografiche televisive…
«La Calabria è meravigliosa. Avrei voluto girare in tutti i posti che ho visitato, erano belli e anche giusti. Devo ringraziare la Calabria Film Commission che ci ha dato un grosso aiuto, penso sia tra le migliori Film Commission italiane. Porta le produzioni sul territorio e offre un supporto concreto. E anche altri miei colleghi registi la pensano così. C'è stato Alessio Boni, e si è trovato benissimo a girare il Don Chisciotte. Giulio Base, che anche lui è rimasto molto colpito da Cosenza vecchia, che è bellissima peraltro. E un plauso va anche alle professionalità locali: scenografi, assistenti operatori, costumisti».

Parliamo del film: è la prima volta che ti cimenti in un coming of age.
«Sì, è stata una sfida perché di solito i miei temi sono molto più sociali, legati al neorealismo. In questo caso, mi sono avvicinato a un genere più fantasy, che però ha all'interno un argomento che andava assolutamente proposto: l'elaborazione del lutto da parte di un bambino che perde la madre. Il film è un noir avventuroso di formazione che parla di giovani. Credo che ci sia molta superficialità da parte dei giovani di oggi, molto legati all'apparenza e alla solitudine. Al contrario, il nostro è un racconto dove c'è l'unione tra due amici che insieme, soltanto insieme, riusciranno poi a far prevalere quella parte dell'io che può donarti la serenità».

La pellicola è tratta da un romanzo di successo, quello di Gianluca Antoni. Qual è il tuo approccio alle sceneggiature quando sono ispirate a un racconto che esiste già?
«Io mi faccio una mia visione. È chiaro che tutto quello che tu leggi non può essere trasposto cinematograficamente, l'unico modo, non dico è stravolgerlo, ma rivisitare con una veste cinematografica. Mi sono attenuto fedelmente al racconto del libro, sebbene abbia dovuto modificare qualcosa e sacrificare alcuni personaggi. Ero in difficoltà a comunicarlo a Gianluca Antoni, che però ha capito».

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