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Luce su un duplice omicidio a Cosenza, cinque arresti dopo 18 anni

Un'operazione antimafia della Dia di Catanzaro è in corso a Cosenza con l'arresto di 5 persone ritenute responsabili del duplice omicidio di Benito Aldo Chiodo e Francesco Tucci e del contestuale ferimento di Mario Trinni, avvenuto a Cosenza il 9 novembre del 2000.

Il provvedimento restrittivo è stato emesso dal Gip distrettuale di Catanzaro, al termine delle indagini coordinate dal procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri e del pm della Dda Camillo Falvo, nei confronti di soggetti di spicco della criminalità organizzata cosentina di etnia nomade.

Chiodo, Tucci e Trinni stavano chiacchierando in una piazzetta nei pressi del carcere di via Popilia, quando da un'auto scesero due sicari incappucciati che iniziarono a sparare all'impazzata. Trinni riuscì a fuggire mentre Chiodo e Tucci furono colpiti. I sicari, poi, spararono alla testa delle due vittime il colpo di grazia con una pistola calibro 9.

Ci sono i presunti mandanti ed esecutori tra le cinque persone arrestate stamani dalla Dia come responsabili del duplice omicidio. Un contributo alle indagini è venuto da un collaboratore di giustizia, Francesco Bevilacqua, alias "Franchino di Mafalda", all'epoca dei fatti capo degli zingari di Cosenza, già condannato per lo stesso fatto e poi diventato collaboratore di giustizia.

Gli arrestati sono Antonio Abbruzzese, di 48 anni, Luigi Berlingieri (48), Saverio Madio (56), Celestino Bevilacqua (57) e Fiore Abbruzzese (52), tutti ritenuti stabilmente inseriti nella criminalità mafiosa cosentina di etnia nomade.

Agli arresti, nella fase esecutiva, hanno collaborato personale della polizia di Stato e dei carabinieri di Cosenza. Chiodo era ritenuto il "contabile" dell'allora gruppo confederato Cicero-Lanzino. Bevilacqua, dopo l'avvio della collaborazione, aveva svelato tutti i retroscena del delitto, rivelando i nomi dei partecipi all'azione, le modalità di esecuzione e il movente, da ricercare nel mancato rispetto, da parte di Chiodo, dei patti stretti dai nomadi con l'allora gruppo confederato Lanzino-Cicero sulla spartizione dei proventi di alcune attività illecite precluse agli zingari quali estorsioni, usura e traffico di cocaina.

Successive dichiarazioni di altri collaboratori, raccolte di recente e riscontrate dagli investigatori della Direzione investigativa antimafia di Catanzaro, hanno permesso di acquisire ulteriori elementi di prova nei confronti degli arrestati, tali da consentire ai magistrati della Dda - il procuratore Nicola Gratteri ed il pm Camillo Falvo - di chiedere ed ottenere dal Gip il loro arresto.

Nell'agguato, portato a termine nel tardo pomeriggio del 9 novembre 2000 in via Popilia a Cosenza, i sicari utilizzarono, oltre ad una pistola Beretta, anche un fucile mitragliatore Kalashnikov.

Dalla ricostruzione investigativa, è emerso che sull'autovettura Lancia Thema utilizzata per l'agguato, e rinvenuta poi sepolta nel cantiere della De.MAR Costruzioni di Sergio Perri (rimasto poi ucciso in un agguato di stampo mafioso insieme alla moglie il successivo 17 novembre), oltre a Francesco Bevilacqua, c'erano Luigi Berlingieri, detto "occhi di giaccio" o "il cinese", armato del Kalashnikov, Fiore Abbruzzese, detto Ninuzzo, con il compito di fare da autista, e Gianfranco Iannuzzi, detto "a' ntacca", successivamente vittima di lupara bianca.

Antonio Abbruzzese è invece ritenuto il mandante, insieme a Francesco Bevilacqua, mentre Saverio Madio e Celestino Bevilcqua, si sarebbero occupati, il primo del trasporto dei killer al luogo di partenza dell'azione, ed il secondo del loro recupero dal luogo ove venne interrata l'auto utilizzata per l'agguato.

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