C’è anche un cassanese coinvolto nella truffa di oltre venti milioni di euro ai danni della Regione Puglia sulla quale indaga la Procura di Bari. L’inchiesta, venuta a galla in queste ore, si riferisce a una serie di contenziosi legali avviati per ottenere dalla Regione l’erogazione di una serie di fondi destinati all’agricoltura in zone svantaggiate. Nelle maglie degli accertamenti sono finiti sette indagati, tra cui cinque avvocati e due familiari di uno di loro, che dovranno rispondere, a vario titolo, di associazione per delinquere, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, falso materiale e ideologico e autoriciclaggio. Tra questi c’è anche un quarantasettenne avvocato cassanese con studio a Napoli. L’indagine sarebbe partita a seguito di una denuncia presentata dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, e, secondo quanto emerso, la guardia di finanza ha eseguito delle perquisizioni in diversi studi legali a Bari, Napoli e Cosenza. A coordinare l’inchiesta è il procuratore aggiunto di Bari, Roberto Rossi. I reati ipotizzati sono associazione per delinquere finalizzata alla truffa e truffa aggravata. Secondo le prime ipotesi, le aziende agricole, con la complicità di alcuni avvocati, avrebbero ottenuto indebitamente finanziamenti pubblici dalla Regione Puglia destinati alle aree svantaggiate. Per l’accusa, gli avvocati, d’accordo tra loro, avrebbero messo in piedi un sistema per far aumentare in modo esponenziale le spese legali sulle legittime pretese degli agricoltori, relative a contributi risalenti agli anni Novanta e mai erogati dall’Ente. Il trucco era semplice quanto difficile da scoprire a causa delle lungaggini della macchina burocratica. In pratica, i legali finiti sotto la lente degli investigatori, avrebbero avviato, per ciascun agricoltore destinatario dei contributi, tanti contenziosi quante erano le annualità per le quali spettavano i fondi. Tutto anziché avviare un solo procedimento per ciascun richiedente, riducendo anche tempi e costi. Sezionando e dividendo le cause sarebbero, infatti, sarebbe moltiplicato anche il loro onorario. I fatti contestati fanno riferimento agli anni che vanno dal 2006 al 2018. La contestazione dell’autoriciclaggio, invece, farebbe invece riferimento all’impiego dei proventi della truffa nell’acquisto di beni immobili attraverso una società immobiliare di Bari.