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La mafia degli "zingari" in Calabria del nord, ora i capi pentiti aprono uno squarcio tra le ombre

Nelle campagne di Cassano scoperto il corpo di Gianfranco Iannuzzi
Nelle campagne di Cassano scoperto il corpo di Gianfranco Iannuzzi

I “capi” pentiti. Capaci di aprire uno squarcio tra le ombre che nascondono un’altra mafia. Una mafia forte di legami di sangue, disponibilità di armi, numero di affiliati, impenetrabile omertà, legami con altre organizzazioni criminali.

È la mafia degli “zingari” a lungo sottovalutata che, invece, nella Calabria settentrionale ha sue quasi inespugnabili roccaforti e gestisce ampie fette di affari illeciti, come si legge sulla Gazzetta del Sud in edicola.

Una mafia già raccontata nel 2001 dal di dentro da Franco Bevilacqua, detto “Franco i Mafarda”, boss di Cosenza e, poi, da Franco Bruzzese, padrino nel terzo millennio della “Nuova famiglia” figlia di un accordo tra i criminali nomadi bruzi e quelli “italiani” ch’erano un tempo legati al clan Bruni.

Bevilacqua e Bruzzese, con le loro dichiarazioni hanno consentito al procuratore Nicola Gratteri e al pm Camillo Falvo della Dda di Catanzaro di far luce dopo 18 anni sulla cosiddetta “strage di via Popilia” costata due morti e un ferito in una sera di autunno del 2000 nel popoloso quartiere del capoluogo.

Una mafia, quella degli “zingari”, che allunga pesantemente la propria sfera d’influenza nella Sibaritide e lungo l’intera fascia ionica, partendo da Corigliano-Rossano fino a Cassano, Trebisacce e Villapiana.

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