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S. Domenica Talao, benzina come avvertimento: le minacce del boss Bloise agli imprenditori

Il presunto boss della montagna, Giuseppe Bloise, aveva rapporti molto stretti con le cosche cetraresi. I magistrati della Dda di Catanzaro, che hanno coordinato le indagini che hanno portato alla sua cattura nella scorsa settimana, in 45 pagine descrivono il profilo criminale del 52enne di Belvedere Marittimo accusato di estorsione e tentata estorsione.

Secondo le indagini, guidate dal procuratore capo Nicola Gratteri, Bloise avrebbe avuto un controllo totale dell’Alto Tirreno cosentino e chiunque avesse voluto lavorare in quel territorio avrebbe dovuto ottenere la sua autorizzazione, ovvero pagare il pizzo altrimenti «i lavori si sarebbero fermati». Chi non lo avrebbe fatto - hanno raccontato gli imprenditori taglieggiati che poi hanno denunciato - avrebbe subìto danneggiamenti e minacce.

Le taniche di benzina erano il segnale - emerge dall’ordinanza - che Bloise era stato lì e da questo i proprietari della ditta avrebbero dovuto intuire che era venuto il momento di «fare il regalino». Che lui si muovesse bene nel contesto criminale della zona era già chiaro agli inquirenti sin dall’operazione “Overloading” del 2010. Per l’accusa, il metodo di «avvicinare» gli imprenditori è «di chiara matrice mafiosa».

Anche perché, in alcune occasioni, si sarebbe avvalso pure dell’aiuto di alcune persone che per suo conto si sarebbero recate sui cantieri per chiedere il denaro. Ciò dimostra - mettono nero su bianco i magistrati - «la forza di intimidazione tipica del vincolo associativo avvalendosi di una connessa condizione di assoggettamento e omertà».

In particolare, le indagini hanno preso il via dalla denuncia di uno degli imprenditori taglieggiati che in uno dei racconti fatti ai carabinieri della compagnia di Scalea, guidati dal capitano Andrea Massari, riferiscono delle espressioni che, per i pm, sono emblematiche della sua forza criminale. Infatti, a un certo punto della conversazione una delle persone mandate da Bloise avrebbe “avvisato” le vittime che, se non avessero accettato le loro richieste, li «avrebbero raggiunti fino in Sicilia».

I suoi “messaggeri” erano Pasquale Forestieri e Lorenzo Pandolfi, arrestati dai carabinieri in flagranza di reato. Sarebbero stati loro - sempre secondo l’accusa - a ripetere agli imprenditori che dovevano fare «un regalino» perché erano già trascorse due settimane dall'inizio dei lavori. Questo, per gli inquirenti, evidenzia la volontà di Bloise e dei suoi di acquisire il controllo del territorio e di trarne un vantaggio economico. I suoi difensori, gli avvocati Giuseppe Bruno e Ugo Vetere, hanno presentato ricorso al Tdl.

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