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Nicola Assisi, il narcotrafficante di Grimaldi ricercato dagli americani

Nicola Assisi

«Quell’italiano sfuggirebbe pure a Kiki Camarena»: si chiamava così uno degli agenti più in gamba che l’agenzia investigativa americana aveva schierato in Messico per marcare stretti Miguel Ángel Félix Gallardo e due suoi stretti collaboratori, Ernesto Fonseca Carrillo e Rafael Caro Quintero. A Camarena non sfuggiva nulla di quanto avveniva nello stato di Guadalajara fino a quando non venne rapito e ucciso proprio dai tre criminali a cui dava la caccia. Eppure, nonostante la tragica fine che gli venne riservata, quando gl’investigatori della Dea statunitense vogliono parlare di operazioni antidroga di alto livello evocano spesso la figura di questo “agente speciale” trucidato nel 1985.

Oggi pure i detective degli States ritengono l’imprendibile “primula” Nicola Assisi, 60 anni, calabrese di Grimaldi, uno dei pochi narcotrafficanti ancora in grado di gestire un enorme flusso di cocaina in partenza dal Sudamerica verso l’Europa.

Don Nicola è latitante dal 2014, quando fuggì dal Portogallo per scampare a una condanna definitiva a 14 anni e 4 mesi di reclusione inflittagli da un tribunale italiano perché ritenuto responsabile dell’importazione clandestina di 200 chili di coca nel nostro Paese. I poliziotti lusitani l’avevano bloccato nell’aeroporto di Lisbona dov’era atterrato a bordo di un velivolo di linea della “Tap Portugal” proveniente dall’America Latina. Assisi aveva in tasca un passaporto intestato a Javier Varela, imprenditore argentino. I magistrati locali, tuttavia, dopo l’arresto lo rimisero in libertà imponendogli il solo obbligo di dimora in attesa del trasferimento in Italia. E lui ne approfittò prendendo il largo per raggiungere il Brasile.

Gli investigatori italiani e gli statunitensi della Dea sono convinti che sia andato a godersi i soldi accumulati con lo smercio della droga nell’area di Fortaleza e lì sono andati a cercarlo ma senza successo. Il sessantenne calabrese ed il suo gruppo sarebbero responsabili negli ultimi anni della commercializzazione di almeno 1000 chili di polvere bianca, partita dal Brasile e da Panama verso il Vecchio continente. In Spagna, a Valencia ed a Gioia Tauro, tra il 26 giugno e il 16 settembre del 2014, sono stati sequestrati, per esempio, 417 chili di cocaina stipati a bordo di navi partite dai porti di Santos (Brasile) e Maribal (Panama) per ordine di “don Nicola”.

Qualcuno degli “informatori” attivati dalla Dea sostiene che il ricercato si sia messo in “pensione” per godersi il sole, le spiagge e la libertà. Certo i soldi non gli mancano: sotterrati in un podere di cui aveva la disponibilità in Piemonte, a San Giusto Canavese, la Guardia di finanza ha trovato tre milioni e 900.000 euro in contanti, conservati all’interno di contenitori di plastica perfettamente sigillati. I risparmi di una vita? Non proprio. Quello era il “tesoro” della famiglia in grado di mantenere la moglie, Rosalia Falletta e il figlio rimasto in Italia. I congiunti sono stati entrambi condannati per traffico di stupefacenti nel 2016. Perduto un gruzzolo del genere – al contrario di quanto affermano le “fonti” attivate dagli americani – è molto probabile che Nicola Assisi non se ne sia rimasto con le mani in mano. Magari ha cambiato rotte e porti ma ha continuato a spedire cocaina attraverso l’Atlantico. Già, ma da dove?

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