Un'estate rovente lo scorso anno ha ridisegnato la geografia dei rapporti mafiosi nella Sibaritide. Ad un anno esatto dalla morte di Leonardo Portoraro, presunto boss garante della pax mafiosa che per anni ha retto nell'area, datata mercoledì 6 giugno 2018, ancora non si conoscono né il movente né l'esatta dinamica dell'agguato mafioso. Ma i cambiamenti nei rapporti di forza tra le ‘ndrine della locale di Sibari si vedono in modo chiaro negli atti intimidatori che si sono registrati negli ultimi mesi. Secondo quanto ricostruito fino ad ora dalla Direzione distrettuale antimafia - diretta dal capo dei pubblici ministeri antimafia Nicola Gratteri - Portoraro è stato ucciso intorno alle 11,10 davanti al ristorante “Tentazioni”, l'attività gestita da una familiare. I due killer sarebbero arrivati a bordo di una Audi A3 rubata il 17 ottobre del 2017 a Rossano e avevano crivellato di colpi l'uomo originario di Cassano. Trentasei colpi di cui trentacinque andati a bersaglio, inferti con un kalashnikov e una pistola, hanno determinato la morte di quello che era considerato il ministro dei lavori pubblici della ‘ndrangheta della Calabria Jonica cosentina. I magistrati lavorano per ricostruire il movente e arrivare a mandanti ed esecutori che sarebbero utili a comprendere la nuova geografia dei clan nella Sibaritide. Una delle piste privilegiate pare essere proprio quella dei lavori pubblici e del fiume di denaro in arrivo nella Sibaritide. Nella redistribuzione dei profitti pare che Portoraro volesse avere una quota per ogni appalto in partenza nell'area: i lavori del Terzo Megalotto della Statale 106 nel tratto Roseto-Crotone, la costruzione dell'ospedale unico della Sibaritide e tutto l'indotto che questo andrà a generare, la nuova cittadella che nascerà per effetto della fusione Corigliano-Rossano, ma non solo. L'articolo completo nell'edizione odierna di Cosenza della Gazzetta del Sud.