I resti d’un casato con quarti di nobiltà mafiosa sono in mezzo alle carte di un’inchiesta che svela i dettagli di un traffico di droga tra Roma e Altomonte. Dentro - ricostruisce la Gazzetta del Sud oggi in edicola - ci sono ipotetici accordi con alcuni clan di camorra della Capitale e ci sono, soprattutto, i nomi degli eredi del defunto Saverio Magliari, uno degli storici boss della ’ndrangheta cosentina: la vedova Santina Pasqua, il figlio Carlo e il fratello Pietro Alberto, che in passato collaborò con la giustizia nella maxi-inchiesta “Galassia” prima di ritornare in affari con la famiglia. Il procuratore distrettuale Nicola Gratteri ha chiesto il processo nei loro confronti, e nei confronti di altre undici persone. Tra queste figurano anche Faustino Campilongo detto “Panzetta” e Cosimo Donato, inteso come “Miu”, entrambi condannati all’ergastolo per aver partecipato alla strage del piccolo Cocò, del nonno Giuseppe Iannicelli e della “zia Betty” Touss, la compagna marocchina dell’uomo. La rete dei presunti trafficanti è stata scoperta indagando proprio sulla vendetta della ’ndrangheta che travolse quel bambino di quattro anni appena. I tre furono massacrati per la droga. Una strage che mise fine all’autonomia di Peppe Iannicelli, consegnando il mercato ai trafficanti fedeli al gruppo. Un quadro che emerge dalle investigazioni del Ros dei carabinieri che, andando a caccia del killer e dei mandanti della strage, ricostruirono le presunte alleanze, individuando possibili fiancheggiatori, studiando le abitudini di parenti e amici, spiando i loro colloqui, decifrando le loro mimiche, interpretando i loro sospiri, imparando a riconoscere i rumori del sonno, ad ascoltare il silenzio della notte, le voci della strada. E così hanno definito i confini del business del clan del boss defunto Saverio Magliari.